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La catena degli ossiciniLa catena degli ossicini ha lo scopo di trasferire la vibrazione della membrana timpanica alla finestra ovale determinando al tempo stesso quel processo di amplificazione della vibrazione timpanica cui si è sopra accennato.

Schema leva ossicini
Il martello è, con un’estremità, a diretto contatto con il timpano; esso è poi “incernierato” all’altra estremità all’incudine, la quale, a sua volta, spinge la staffa contro la membrana della finestra ovale. È bene precisare che il processo di amplificazione non è ottenuto con il principio della leva dato che il “braccio” delle forze agenti sul martello e sull’incudine è all’incirca lo stesso; il sistema degli ossicini trasferisce praticamente inalterata (il guadagno è circa di un fattore 1.3) la forza che il timpano esercita sul martello, alla finestra ovale.
Il processo di amplificazione viene invece ottenuto applicando tale forza sulla finestra ovale la cui area è circa di un fattore 17 inferiore all’area efficace (cioè che entra realmente in vibrazione) del timpano. Infatti l'area della finestra ovale è circa 3.2 mm2, mentre l'area del timpano è circa 55 mm2.
La pressione (rapporto tra la forza normale alla superficie e la superficie stessa) è aumentata quindi circa di un fattore 22 (1.3 per gli effetti di leva meccanica e 17 per gli effetti di diminuzione dell’area).

Il processo di amplificazione della pressione (e non della forza) è utile in quanto la pressione esercitata sulla finestra ovale si trasferisce al liquido contenuto nella coclea. A causa della loro sostanziale incomprimibilità i liquidi sono in grado, secondo il principio di Pascal, di trasferire efficacemente la pressione esercitata su di una loro parte, all’intero liquido; per capire quanto è efficace la soluzione che la natura ha sviluppato per trasferire l’energia dell’onda sonora al liquido cocleare, si pensi che se fosse direttamente l’aria a mettere in moto il liquido a causa del pessimo adattamento di impedenza tra i due mezzi, (l’aria ha un impedenza acustica di 41,5 ohm acustici, il fluido cocleare di 143000) solo 1/1000 dell’energia dell’onda sonora verrebbe trasferita al liquido e il resto verrebbe riflessa impedendoci, di fatto, di sentire!

Ulteriori dettagli e approfontimenti possono essere reperiti a questo link.

 
 

Cellule Ciliate

Cellule Ciliate

Cellule cigliate esterne

Le cellule cigliate esterne percepiscono le vibrazioni della membrana basilare mediante i loro fasci di stereociglia. Le stereociglia si trovano immerse nell'endolinfa, un fluido che possiede un potenziale elettrico di +80 mV rispetto a quello della perilinfa che circonda la parte inferiore della cellula.

Sempre rispetto a questo, l'interno delle cellule possiede invece un potenziale negativo di -70 mV, mantenuto dalle potenti batterie a sodio e potassio delle membrane cellulari. Pertanto, attraverso le stereociglia si forma una differenza di potenziale di circa 150 mV capace di generare correnti elettriche fino a 8 nA.

Quando le stereociglia più alte si inclinano leggermente per effetto delle oscillazioni della membrana tectoria, il fascio stereocigliare si apre a ventaglio, mettendo in tensione filamenti proteici che fanno aprire i canali stereocigliari (piccole valvole poste sulle sommità delle stereociglia).

L'apertura di questi canali determina l'ingresso di correnti elettriche sufficienti a depolarizzare la cellula di alcuni millivolt, causando la contrazione della cellula.

Cellule cigliate interne

Le cellule cigliate interne sono localizzate nell'organo di Corti verso l'interno rispetto all'asse della chiocciola, queste cellule (non contrattili) sono i sensori che trasmettono i segnali al nervo acustico.

Come nel caso delle cellule cigliate esterne, l'apertura dei canali stereocigliari determina l'ingresso di una corrente elettrica che fa cadere il potenziale intracellulare. Le stereociglia più alte delle cellule cigliate interne, a differenza da quelle esterne, non sono fissate alla membrana tectoria e pertanto la loro deflessione non è proporzionale allo spostamento relativo della membrana. Esse subiscono invece l'azione viscosa del fluido messo in moto dalle oscillazioni della membrana tectoria. In questo modo la forza agente sulle stereociglia risulta proporzionale alla velocità della membrana. Questo serve a equalizzare la risposta elettrica ai segnali di alta frequenza compensando la caduta di potenziale elettrico causata dalla capacità parassita della membrana cellulare.

In condizioni di risonanza la membrana tettoriale attiva le cellule motrici con un ritardo di un quarto del periodo rispetto all'oscillazione della membrana basilare. In questo modo, le forze applicate dalle cellule motrici alla membrana basilare si comportano come le spinte che bisogna imprimere ad un'altalena per aumentarne il movimento. Anche le oscillazioni delle cellule ciliate interne seguono quelle della membrana tettoriale col ritardo di un quarto di periodo.

Da questo si deduce come le cellule cigliate siano il vero e proprio trasduttore meccanico elettrico e gli impulsi elettrici da essi generati sono inviati, attraverso i neuroni, al sistema nervoso centrale.


Ulteriori dettagli possono essere reperiti a questo link.

La parola  chiralità, deriva dal greco χειρ (kheir) che significa "mano".

Essa si riferisce a molecole in cui gli atomi, o gruppi di atomi, che le costituiscono, possono essere disposti nello spazio in maniera asimmetrica. Esistono quindi coppie di molecole che impiegano gli stessi atomi ma disposti nello spazio in modo speculare. Esattamente come le due mani che non possono essere sovrapposte identicamente l'una all'altra ma possono "guardarsi allo specchio". Due molecole siffatte sono dette enantiomeri.

L'enantiomeria è un caso particolare in cui le configurazioni sono due e sono una speculare all'altra. Facendo un siscorso più generale, ci possono essere delle molecole in cui gli atomi sono legati fra loro nello stesso modo, ma con orientamenti diversi e non sempre questi orientamenti sono tali da produrre delle copie speculari.
Queste molecole sono definite stereoisomeri e le copie non sovrapponibili sono dette epimeri.

Da un punto di vista fisico, gli stereoisomeri di una molecola hanno tutti le stesse proprietà, per esempio il colore, il punto di fusione, ecc. e chimicamente reagiscono tutte nello stesso modo con molecole non chirali.
Quello che invece cambia è il modo con cui reagiscono con altre molecole chirali.  Siccome fra quelle organiche, di molecole chirali ce ne sono in abbondanza, il fatto che un composto sia un epimero piuttosto che un altro fa una differenza notevole. Per esempio fra gli zuccheri, quelli importanti biologicamente sono prevalentemente quelli della serie D caratterizzati da uno specifico orientamento di uno dei gruppi H-C-OH.

Lo studioso che ha dato un contributo fondamentale in questo ambito della chimica è Emil Fischer.
Nei suoi studi sulla stereoisomeria, Fischer definì quella che poi è stata chiamata proiezione di Fischer.
Si tratta di un insieme di convenzioni per rappresentare nel piano le posizioni degli atomi nello spazio.
Nell'immagine che segue si può vedere una molecola semplificata in cui si evidenzia un centro chirale, attraverso cui si fa passare il piano di proiezione, e 4 gruppi funzionali A, B, X, e Y che sono legati al centro chirale.
Nel processo di proiezione i quattro gruppi vengono a formare una croce in cui i segmenti A e B, oltre ad essere a destra e sinistra del centro, sono anche SOPRA il piano di proiezione, mentre gli altri due sono SOTTO.

proiezione

In questa rappresentazione, scambiare AB con XY significa far scavalcare tridimensionalmente il piano di proiezione, cioè si trasforma un enantiomero nell'altro.

Fischer applicò questa tecnica alla rappresentazione della gliceraldeide portando alla definizione della  D-gliceraldeide  e L-gliceraldeide.

gliceraldeide

Come abbiamo detto, gli zuccheri rilevanti da un punto di vista biologico sono quelli della serie "D", ma anche gli amminoacidi hanno caratteristiche stereoisomeriche e anche in questo caso, neglio organismi viventi, solo una famiglia, denominata "L" viene effettivamente utilizzata nelle cellule.

 
 

Estratto dal
PREAMBLE - WORLD HEALTH ORGANIZATION INTERNATIONAL AGENCY FOR RESEARCH ON CANCER

  • Group 1: The agent is carcinogenic to humans.
    This category is used when there is sufficient evidence of carcinogenicity in humans. Exceptionally, an agent may be placed in this category when evidence of carcinogenicity in humans is less than sufficient but there is sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals and strong evidence in exposed humans that the agent acts through a relevant mechanism of carcinogenicity.
  • Group 2.
    This category includes agents for which, at one extreme, the degree of evidence of carcinogenicity in humans is almost sufficient, as well as those for which, at the other extreme, there are no human data but for which there is evidence of carcinogenicity in experimental animals. Agents are assigned to either Group 2A (probably carcinogenic to humans) or Group 2B (possibly carcinogenic to humans) on the basis of epidemiological and experimental evidence of carcinogenicity and mechanistic and other relevant data. The terms probably carcinogenic and possibly carcinogenic have no quantitative significance and are used simply as descriptors of different levels of evidence of human carcinogenicity, with probably carcinogenic signifying a higher level of evidence than possibly carcinogenic.
    • Group 2A: The agent is probably carcinogenic to humans.
      This category is used when there is limited evidence of carcinogenicity in humans and sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals. In some cases, an agent may be classified in this category when there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans and sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals and strong evidence that the carcinogenesis is mediated by a mechanism that also operates in humans. Exceptionally, an agent may be classified in this category solely on the basis of limited evidence of carcinogenicity in humans. An agent may be assigned to this category if it clearly belongs, based on mechanistic considerations, to a class of agents for which one or more members have been classified in Group 1 or Group 2A.
    • Group 2B: The agent is possibly carcinogenic to humans.
      This category is used for agents for which there is limited evidence of carcinogenicity in humans and less than sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals. It may also be used when there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans but there is sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals. In some instances, an agent for which there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans and less than sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals together with supporting evidence from mechanistic and other relevant data may be placed in this group. An agent may be classified in this category solely on the basis of strong evidence from mechanistic and other relevant data.
  • Group 3: The agent is not classifiable as to its carcinogenicity to humans.
    This category is used most commonly for agents for which the evidence of carcinogenicity is inadequate in humans and inadequate or limited in experimental animals.
    Exceptionally, agents for which the evidence of carcinogenicity is inadequate in humans but sufficient in experimental animals may be placed in this category when there is strong evidence that the mechanism of carcinogenicity in experimental animals does not operate in humans.
    Agents that do not fall into any other group are also placed in this category.
    An evaluation in Group 3 is not a determination of non-carcinogenicity or overall safety. It often means that further research is needed, especially when exposures are widespread or the cancer data are consistent with differing interpretations.
  • Group 4: The agent is probably not carcinogenic to humans.
    This category is used for agents for which there is evidence suggesting lack of carcinogenicity in humans and in experimental animals. In some instances, agents for which there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans but evidence suggesting lack of carcinogenicity in experimental animals, consistently and strongly supported by a broad range of mechanistic and other relevant data, may be classified in this group.

La codifica 128 non è univoca, ma, in alcuni casi, gli stessi dati possono essere rappresentati utilizzando differenti tabelle e differenti combinazioni di caratteri di start.
Quello che segue è l'algoritmo che permette di decidere quale codifica utilizzare per minimizzare la lunghezza del codice

  1. - Determinazione del carattere di Start:
    • 1a - se i dati cominciano con 4 o piu' cifre, usare il carattere di Start C;
    • 1b - altrimenti se nei dati compare un carattere di controllo prima di qualsiasi carattere alfabetico minuscolo, usare il carattere si Start A;
    • 1c - altrimenti, usare il carattere di Start B.
  2. - Se e' verificata la condizione 1a con un numero dispari di cifre, inserire un carattere Code A o Code B prima dell'ultima cifra, seguendo le regole 1b e 1c per scegliere tra Code A e Code b.
  3. - Se si presentano 4 o piu' cifre numeriche mentre si e' in Code A o in Code B:
    • 3a - se le cifre sono in numero pari, inserire un carattere Code C prima della prima cifra;
    • 3b - vicersa, se le cifre sono in numero dispari, insrire in carattere Code C dopo la prima cifra.
  4. - Se si presenta un carattere di controllo mentre si e' Code B:
    • 4a - se tra il carattere di controllo in questione e il successivo c'e' un carattere alfabetico minuscolo, inserire un carattere di shift prima del carattere di controllo;
    • 4b - viceversa, inserire un carattere Code A prima del carattere di controllo.
  5. - Se compare un carattere alfabetico minuscolo mentre si e' in Code A:
    • 5a - se tra il carattere alfabetico minuscolo in questione ed il successivo c'e' un carattere di controllo, inserire un carattere di shift prima del carattere alfabetico minuscolo;
    • 5b - altrimenti, inserire un carattere Code B prima del carattere alfabetico minuscolo.
  6. - Se si ha un carattere non numerico mentre si e' in Code C, inserire un carattere Code A o Code B prima del carattere in questione, seguendo le regole 1b e 1c per scegliere tra Code A e Code B.

Tabella completa Codice 128

 

Valore Code A Code B Code C B1 S1 B2 S2 B3 S3
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Start B
 
 
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Valore
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S2
B3
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B4
Stop
2
3
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1
1
1
2

Dove:

  • B1 - B4 = barra 1 - 4
  • S1 - S3 = spazio 1 - 3
  • 1 = elemento di spessore 1 modulo
  • 2 = elemento di spessore 2 moduli
  • 3 = elemento di spessore 3 moduli
  • 4 = elemento di spessore 4 moduli

 
 
 

caratteri-code39

Codici EAN per le prime cifre identificative del paese

 

00-13: USA & Canada 20-29: In-Store Functions 30-37: France
40-44: Germany 45: Japan (also 49) 46: Russian Federation
471: Taiwan 474: Estonia 475: Latvia
477: Lithuania 479: Sri Lanka 480: Philippines
482: Ukraine 484: Moldova 485: Armenia
486: Georgia 487: Kazakhstan 489: Hong Kong
49: Japan (JAN-13) 50: United Kingdom 520: Greece
528: Lebanon 529: Cyprus 531: Macedonia
535: Malta 539: Ireland 54: Belgium & Luxembourg
560: Portugal 569: Iceland 57: Denmark
590: Poland 594: Romania 599: Hungary
600 & 601: South Africa 609: Mauritius 611: Morocco
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01000000100010
00100100010010
10000100000010
10000100000100
00001001001001
00001001000010
01000100000100
00000100000100
00010000100010
00100100000100
00000100100010
10000010010010
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00001000100010
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00000010010010
00010010010010
00100010010010
01001000010010
10000000010010
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00001000010010
00010000010010
00100000010010

 

Il sistema acustico utilizza un secondo sistema per codificare le varie frequenze oltre alla codifica tonotopica della coclea.
Fino a frequenze nell'ordine dei 3kHz la coclea può utilizzare direttamente un sistema di aggancio di fase in cui un singolo neurone può scaricare in un determinato punto dell'onda sonora ad una certa frequenza. I pattern di scarica determinano quindi un codice temporale.
Aggancio di fase
Per frequenze più alte, fino a 5kHz, è stato proposto il principio di scarica tramite il quale è necessaria la collaborazione di più neuroni per ricostruire il pattern.
Principio di Scarica
Oltre i 5kHz la velocità di scarica dei neuroni è comunque troppo lenta, quindi per i suoni più acuti il cervello si deve basare solo su informazioni derivanti dalla zona di membrana oggetto dell'eccitazione.

I conettivi logici sono utilizzati sia nell'ambito del linguaggio naturale che nell'ambito della logica formale per creare dei collegamenti fra proposizioni al fine di ottenere una proposizione risultante il cui valore di verità sia opportunamente ricavato dalle proposizioni originali.
Normalmente si utilizzano le lettere A, B e C per indicare le due proposizioni di partenza e la terza proposizione risultante e le lettere V e F per indicare il valore di verità delle stesse.
Siccome le operazioni logiche possono essere facilmente implementate all'interno dei dispositivi elettronici, sia come veri e propri circuiti hardware, sia come operazioni svolte dal software, è frequente utilizzare i simboli 0 e 1 per identificare i livelli di verità.

I connettivi logici si dividono in binari, se accettano come argomento due proposizioni, e unari se ne accettano solo una.

Normalmente la definizione dei connettivi logici avviene attraverso le cosiddette tabelle di verità. Cioè delle tabelle che riportano il valore di verità della proposizione risultante C per ogni combinazione di valori che possono assumere le due proposizioni A e B in ingresso.

Elenchiamo di seguito i principali connettivi logici.

Congiunzione logica

La congiunzione logica può essere indicata come, a seconda dei contesti:
e nel linguaggio comune, et (dal latino) nella logica fromale, AND in logica booleana, con il simbolo
La congiunzione logica assume valore vero quando entrambe le proposizioni in ingresso hanno valore vero.

A B C=A AND B
0 0 0
0 1 0
1 0 0
1 1 1

Disgiunzione Inclusiva

La disgiunzione inclusiva può essere indicata come, a seconda dei contesti:
o nel linguaggio comune, vel (dal latino) nella logica formale, OR in logica booleana, con il simbolo
La disgiunzione inclusiva ha valore vero quando almeno una delle proposizioni in ingresso ha valore vero

A B C=A OR B
0 0 0
0 1 1
1 0 1
1 1 1

Disgiunzione Esclusiva

La disgiunzione esclusiva può essere indicata come, a seconda dei contesti:
o nel linguaggio comune, aut (dal latino) nella logica formale, XOR oppure EXOR in logica booleana, indicata dal simbolo ⊕
La disgiunzione esclusiva ha valore vero quando solo una delle proposizione in ingresso ha valore vero

A B C=A XOR B
0 0 0
0 1 1
1 0 1
1 1 0

Negazione

La negazione logica è un operatore unario che inverte il valore di verità della proposizione cui è applicato
Spesso si annovera inoltre fra i connettivi logici la negazione logica "non", indicata con il simbolo la quale agisce però su un'unica proposizione. Essa si indica con:
non nel linguaggio comune, NOT in logica booleana, con il simbolo ¬

A C=NOT A
0 1
1 0

 
 

Gli elettroliti sono degli ioni disciolti nel sangue.
Si tratta cioè di sostanze dotate di carica delle quali deve esserci una concentrazione costante affinchè il bilancio idrico e la pressione osmotica restino nella norma ed affinchè determinati enzimi possano funzionare regolarmente.

Essi i principali sono:

  • Calcio - Ca++: importante per la formazione di denti e ossa; aiuta la coagulazione, il movimento muscolare, le difese immunitarie e contribuisce alla conduzione del sistema nervoso.
  • Potassio - K+: aiuta a mantenere l'equilibrio acido-base nelle cellule e la ritenzione idrica; serve all'attività muscolare, alla trasmissione nervosa e al funzionamento di determinati enzimi.
  • Sodio - Na+: aiuta a mantenere l'equilibrio idrico all'interno delle cellule, oltre che contribuire al movimento muscolare e alla trasmissione nervosa. Viene assimilato tramite carne e sale.
  • Cloro - Cl-: aiuta a mantenere l'equilibrio idrico nelle cellule.

La parola eterotrofia deriva dai due termini greci ἕτερος (éteros - diverso) e τροφή (trofé - nutrimento) e descrive la condizione in cui si trovano gli organismi viventi che non sono in grado di sintetizzare il proprio nutrimento autonomamente a partire da sostanze inorganiche.

Questi organismi hanno bisogno di attingere nell'ambiente i vari composti organici pre-sintetizzati da altri organismi, che sono invece detti autotrofi (ad es. tutte le piante che posseggono clorofilla).

Sono eterotrofi tutti gli animali (pluricellulari eterotrofi), i protozoi, i funghi e quasi tutti i batteri.

Grafico funzione iniettivaUna funzione si dice iniettiva se elementi distinti del dominio hanno un'immagine distinta, o equivalentemente se ogni elemento del codominio corrisponde al più ad un elemento del dominio.

Formalmente:
è iniettiva se

o equivalentemente:
è iniettiva se

La gliceraldeide è un carboidrato aldo-trioso, ovvero costituito da tre atomi di carbonio e contenente un gruppo aldeidico (CHO).

Il nome deriva dal fatto che la molecola della gliceraldeide è simile a quella del glicerolo la cui formula è

CH2OH-CHOH-CH2OH (glicerolo)

 in cui uno dei due gruppi CH2OH è stato sostituito da un gruppo CHO ottenendo

CH2OH-CHOH-CHO  (gliceraldeide)

Una caratteristica importante della gliceraldeide è la sua chiralità, cioè il fatto che la sua molecola possa esistere in due configurazioni spaziali speculari.

L'asimmetria spaziale si trasforma nella proprietà di polarizzare la luce che la attraversa in un senso piuttosto che nell'altro, cioè verso destra o verso sinistra.

Per questo motivo le due configurazioni sono denominate D e L e sono convenzionalmente rappresentate come in figura.

gliceraldeide

La D-gliceraldeide è presa a modello per la nomenclatura dei carboidrati.

Sono detti carboidrati della serie D quelli la cui disposizione dei sostituenti attorno al penultimo atomo di carbonio è simile a quella della D-glicerladeide. Quelli a configurazione speculare nell'ultimo carbonio chirale sono invece carboidrati della serie L.

Questa classificazione e nomenclatura si deve al lavoro del chimico tedesco premio nobel per la chimica nel 1902 Hermann Emil Fischer proprio per i suoi studi sulla chimica degli zuccheri.

Fischer poteva constatare gli effetti della chiralità delle molecole degli zuccheri sulla polarizzazione della luce, quindi aveva ben chiaro che la disposizione spaziale degli atomi nelle varie molecole doveva essere diversa ma con gli strumenti a sua disposizione, non era in grado di distinguere fra zuccheri enantiomerici.

Egli introdusse allora la convenzione secondo cui gli stereoisomeri (+) e (-) della gliceraldeide venivano designati rispettivamente come:

  •  D-gliceraldeide -> lo stereoisomero con l’ossidrile sul C2 a destra
  •  L-gliceraldeide  -> lo stereoisomero con l’ossidrile sul C2 a sinistra

ben sapendo che c’era soltanto il 50% delle possibilità che questa assegnazione fosse corretta.

Fischer assunse quindi che la configurazione di queste molecole fosse quella riportata in figura.

Più tardi, nel 1954, con l’avvento della diffrazione ai raggi X, Bijvoet determinò la struttura dell’acido D-tartarico determinandone così la configurazione assoluta e constatando che l’assegnazione di Fischer (ossidrile a destra nella (+)-gliceraldeide) era corretta.

 

Il termine deriva dalla fusione di due parole del greco antico,  γλυκύς  (glykýs - dolce) e λύσις  (lýsis - scissione).

Si tratta infatti di un processo metabolico mediante il quale una molecola di glucosio viene scissa in due molecole di piruvato al fine di generare molecole a più alta energia, come 2 molecole di ATP e 2 molecole di NADH per ogni molecola di glucosio utilizzata.

La glicolisi avviene nel citoplasma cellulare ed è il mezzo per ottenere energia più sfruttato in natura, soprattutto grazie alla sua anaerobioticità. Probabilmente esso si sviluppò con i primi procarioti circa 3,5 miliardi di anni fa.

Il processo completo consta di dieci fasi, ciascuna associata ad un particolare enzima. In una prima fase del processo, composta da cinque passaggi, viene consumata energia per ottenere dal glucosio molecole di un derivato del glucosio a più alta energia (gliceraldeide-3-fosfato).

La gliceraldeide-3-fosfato viene poi trasformata nella fase successiva, composta di altri cinque passaggi, in molecole nettamente meno energetiche di piruvato, con produzione di energia superiore a quella consumata nella prima fase. Il processo nel suo insieme è quindi di tipo catabolico, cioè in cui molecole più complesse ed energetiche vengono trasformate in altre più semplici e meno energetiche, con accumulo di energia.

La reazione finale della glicolisi è quindi:

glucosio + 2 NAD+ + 2 ADP + 2 Pi → 2 NADH + 2 piruvato + 2 ATP + 2 H2O + 2 H+

La produzione finale del piruvato è necessaria per il ciclo di Krebs che, in accoppiata alla fosforilazione ossidativa, grazie al consumo di ossigeno si produrranno altre molecole di ATP.

Come si può vedere dalla reazione totale riportata sopra, la glicolisi ha bisogno di 2 molecole di NAD+ e produce 2 molecole di  NADH. E' necessario quindi che vi sia un meccanismo metabolico che permetta al NADH di ritrasformarsi in NAD+ per ricominciare il ciclo. Negli organismi che sono in grado di effettuare un metabolismo  aerobico, questo compito è devoluto al complesso della respirazione cellulare. Mentre negli organismi anaerobici, vi sono sostanzialmente due strade:

piruvato + NADH + H+ → lattato + NAD+ (fermentazione lattica)
piruvato + NADH + H+ → etanolo + CO2 + NAD+ (fermentazione alcolica)

Le varie fasi della glicolisi sono descritte in moltissimi siti su internet, uno fra tutti Wikipedia, cui si rimanda per avere ulteriori dettagli.
 
 

Nella foto che segue possiamo vedere tre macro-classi in cui si possono dividere i colori dell'iride nel genere umano: blu, verde/nocciola e marrone; a sinistra vediamo il caso senza anello peripupillare e a destra con anello peripupillare.

variazione_colore_dettaglio

Nell'iride possono trovarsi anche delle irregolarità, difetti e disuniformità del colore legate a vari fattori.
Nell'esempio mostrato sotto sono evidenziate: 1. Cripte di Fuchs, cioè sone di moderata atrofia dello stroma; 2. Nevi, cioè punti di accumulo della melanina; 3. Noduli di Wolfflin, punti di accumulo di fibrille di collagene; 4. Pliche circolari, sottili solchi concentrici alla pupilla, i quali corrispondono a variazioni di spessore dell'epitelio pigmentato.

difetti_1

Infine, nell'immagine seguente sono messe a confronto due formazioni dovute ad accumuli puntiformi di tessuto connettivo: 1. Macchie di Brushfield, presenti nei bambini affetti da sindrome di Down i quali hanno il 35% di svilupparle; 2. Noduli di Wolfflin, osservati in soggetti normali.

difetti_2

 
 

La maggioranza in una votazione si distingue in:

  • Assoluta: 50% + 1 degli aventi diritto
  • Qualificata: 66,7% degli aventi diritto
  • Relativa: maggior numero di voti
  • Semplice: 50% + 1 dei votanti

L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno, un sottile “tubo” che termina in una membrana detta timpano.

Le funzioni del padiglione auricolare sono di raccogliere una porzione significativa delle onde acustiche (proporzionale all’area del padiglione) e di convogliarle, tramite il condotto uditivo, alla membrana timpanica; determinare la localizzazione della sorgente sonora (operazione che non potrebbe essere effettuata con uguale precisione se avessimo un solo orecchio anziché due); di protezione della membrana timpanica da lesioni meccaniche; di mantenere di tale delicata membrana a condizioni di temperatura, umidità e lubrificazione costanti, in modo da preservarne le caratteristiche elastiche.

Il padiglione auricolare e le sue parti

Grazie alla sofisticata conformazione delle pieghe del padiglione auricolare, il nostro cervello è in grado di misurare le differenze di fase fra i segnali che giungono alle due orecchie. Questa informazione, insieme alla differente intensità percepita, viene utilizzata per determinare la localizzazione spaziale della sorgente, sia nella direzione destra-sinistra, che alto-basso, come schematizzato nelle immagini seguenti.


ITD - Inter-aural time difference
  IID - Inter-aural intensity difference

Ulteriori dettagli e approfontimenti possono essere reperiti a questo link. e a questo link da cui sono tratte anche le immagini.

Il condotto uditivo esterno ha mediamente un diametro di 7.5 mm e una lunghezza di 22-25 mm e non sembra avere altra funzione se non quella di convogliare l’onda sonora verso la membrana timpanica. In realtà la lunghezza di tale condotto gioca un ruolo decisivo nel determinare l'intervallo di frequenze di massima sensibilità uditiva.

Il condotto è in pratica un risuonatore che entra in risonanza a delle frequenze che sono tipiche della nostra specie, per le quali l'evoluzione ha selezionato la massima sensibilità. Si tratta infatti della porzione di spettro dove risiede la voce umana

Il condotto uditivo può essere modellato come un tubo chiuso la cui frequenza di risonanza corrispone a 4 volte la lunghezza dello stesso.

Schema delle armoniche per un tubo chiuso ad un'estremità

Con un rapido calcolo è facile mostrare che se si tratta il condotto come un tubo con una estremità aperta esso entra in risonanza alla frequenza di circa 2700 Hz

Nell'insieme si hanno gli effetti di diffrazione del padiglione auricolare e la forma tutt'altro che perfettamente cilindrica e rettilinea del condotto. Ne risulta che la regione di massima sensibilità uditiva si colloca attorno ai 3800 Hz.

L'organo del Corti, così chiamato in onore di Alfonso Corti che lo scoprì e lo studiò nel 1847, è una struttura cellulare, ancorata alla membrana basilare, formata da una lunga schiera di moduli affiancati tutti simili fra loro (la coclea umana ne contiene circa 3500).
Ogni modulo contiene due tipi di cellule: cellule sensoriali e cellule di supporto.

Organo del Corti
Le cellule sensoriali sono anch'esse di due tipi: cellule ciliate interne (IHC, inner hair cells) e cellule ciliate esterne (OHC, outer hair cells ); in ogni sezione radiale di coclea vi sono tre file di cellule ciliate esterne ed una fila di cellule ciliate interne.
Ogni cellula sensoriale è in contatto con diversi tipi di cellule di supporto: le cellule pillari interne ed esterne separano le OHC dalle IHC, le cellule di Deiters collegano le cellule ciliate esterne alla membrana basilare.

Lo studio moderno del fenomeno delle otoemissioni si deve al lavoro di  David T. Kemp del 1978, il quale ha effettuato delle registrazioni dei suoni emessi attivamente dalla coclea umana in seguito a una stimolazione sonora.

Questi suoni  si presentano con una intensità particolarmente bassa e richiedono perciò tecniche particolari per la loro evidenziazione. Nonostante alcune incertezze riguardo ai meccanismi fisiologici e al tipo di strutture cocleari coinvolte, è unanimemente accettato che le otoemissioni sono generate dalle attività contrattile delle cellule ciliate esterne e dalle caratteristiche meccano-strutturali della membrana basilare con trasformazioni di energia meccanica in energia acustica.

Le otoemissioni acustiche sono presenti sia spontaneamente (SOAE: Spontaneus Otoacustic Emissions) che in seguito a una stimolazione sonora (click o tone bursts) detto anche EOAE (Evokated Otoacustic Emissions).

Il metodo per rilevare le otoemissioni acustiche evocate, che sono le più usate nella diagnostica infantile, consiste nell’inviare degli stimoli impulsivi attraverso un’apposita sonda applicata nel condotto uditivo esterno, all’interno del quale è posto anche un microfono miniaturizzato e un tubicino di scappamento per evitare un eccessivo accoppiamento acustico tra microfono e altoparlante. Le otoemissioni così captate dal microfono vengono inviate a una apparecchiatura computerizzata per la loro analisi.

Fonte:Otoemissioni Acustiche - A.R. De Caria

Il processo Leblanc è procedimento industriale che permette di produrre il carbonato di sodio (soda) a partire da una soluzione salina di cloruro di sodio (sale marino) e carbonato di calcio (calcare) mediante l'utilizzo di acido solforico e carbone.

Esso fu brevettato nel settembre del 1790 dal medico francese Nicolas Leblanc e conobbe subito una rapida diffusione specialmente in Francia e Inghilterra.

Il processo prevede due step successivi di reazioni chimiche:

nel primo step il cloruro di sodio viene convertito in solfato di sodio

leblanc_step_1

nel secondo step, aggiungendo il carbonato di calcio e il carbone, si ottiene il carbonato di sodio.

leblanc_step_2

A livello industriale, come si può vedere dalla prima reazione, fra i prodotti troviamo il solfato di sodio che rientra nel secondo step ma anche una notevole quantità di acido cloridrico gassoso. Nei primi decenni di attività delle fabbriche Leblanc l’acido cloridrico veniva disperso direttamente nell’aria.

In alternativa, specie in Francia, gli scarichi subivano un lavaggio in giare di grès piene d’acqua collegate in serie, oppure venivano convogliati in una grande camera di piombo dove reagivano con vapori ammoniacali prodotti dalla calcinazione di scarti animali, dando luogo alla formazione di cloruro d’ammonio. Si è valutato che negli anni ’40 del XIX secolo, in Inghilterra, nell’area del Merseyside, circa 100 mila tonnellate di sale siano state convertite in alcali, dando come sottoprodotto 60 mila tonnellate di acido.

forno_sodaGli addetti alla produzione che, prima dell’introduzione dei forni meccanici (mostrati nell'immagine), mescolavano manualmente l’acido solforico con il sale in grandi vasche di ghisa, si ammalavano rapidamente.

A causa del gas il bestiame soffocava, le popolazioni circostanti soffrivano di vari disturbi, i manufatti metallici e i materiali da costruzione venivano corrosi, la vegetazione e le colture agricole deperivano, i fiumi diventavano “neri come l’inchiostro” e le piogge acide completavano
l’opera di devastazione.

Inoltre il solfuro di calcio, anch'esso nocivo, veniva accumulato senza protezione alcuna all’esterno delle fabbriche, cosicché per azione delle piogge acide produceva idrogeno solforato, tossico e maleodorante.

Nel 1863 fu promulgata la legge denominata "Alkali Act" che cercava di porre una regolamentazione allo smaltimento dell'acido cloridrico prodotto durante il processo Leblanc e in seguito l'invenzione del processo Solvay che permetteva di ottenere il carbonato di sodio senza scarti tossici determinarono l'abbandono del processo Leblanc su scala industriale.
 
 

Il processo Solvay per la produzione del carbonato di sodio deve il suo nome al chimico belga Ernest Solvay che lo brevettò nell'aprile del 1861.

Grazie al processo Solvay si può produrre a livello industriale sia il carbonato acido di sodio o idrogenocarbonato di sodio NaHCO3 (noto comunemente come bicarbonato di uso domestico) sia il carbonato di sodio Na2CO3 usato in altri procedimenti industriali come per esempio quello per la produzione del sapone.

Il processo solvay è usato ancora oggi, anche se in declino in quanto risulta più economico ricavare il carbonato di sodio sfruttando il "trona", che è un minerale (carbonato acido di sodio biidrato) estraibile dai laghi salati di tutto il mondo.

Nel processo Solvay si sfrutta la differenza di solubilità in acqua a 25°c tra NH4Cl (37,3 g/100 cc di soluzione) ed il NaHCO3 formato (10,0 g/100 cc) nella seguente reazione tra una soluzione di NaCl (cloruro di sodio) ed NH3 (ammoniaca) con CO2 fatta gorgogliare nella soluzione dove forma acido carbonico (H2CO3):

NaCl + NH3 + H2CO3 → NaHCO3 + NH4Cl

Questa reazione é di equilibrio, ma viene continuamente spostata a destra dalla precipitazione del sale che viene così separato per filtrazione.

La reazione in acqua del bicarbonato di sodio é leggermente basica per l’ idrolisi dello ione HCO3- ; una soluzione di 50 g/l, infatti, ha un pH = 8,5 a 25°c.

Una sua proprietà chimica importantissima, sfruttata nel processo Solvay, é che si decompone sopra i 50°C in carbonato di sodio (Na2CO3) e anidride carbonica (CO2):

2NaHCO3 → Na2CO3 + CO2 + H2O

Così il prossimo passo del processo Solvay consiste nel recuperare il NaHCO3 formato e scaldarlo decomponendolo a circa 70°C.

Il cloruro di ammonio NH4Cl della soluzione viene riciclato recuperando l’ NH3 utilizzando l'ossido di calcio (calce viva) secondo la seguente reazione:

CaO + H2O → Ca(OH)2

Ca(OH)2 + 2 NH4Cl → CaCl2 + 2 NH3 + 2 H2O

Siccome l'ammoniaca viene reimmessa nel ciclo, l'unico prodotto di scarto del processo è il cloruro di calcio CaCl2 che può essere commercializzato e utilizzato come anticongelante.

Il Na2CO3 è un sale alcalino e caustico. Una soluzione di 50 g/l a 25°C ha un pH di 11,5

La saponificazione è una reazione di idrolisi effettuata su un estere in ambiente basico. Infatti come mostrato sotto, viene fatta avvenire utilizzando come reagente una base forte come l'idrossido di sodio o di potassio.

Si parla di saponificazione quando l'estere di partenza ha un peso molecolare relativamente elevato, con una catena di almeno 12 atomi di carbonio.

Il nome saponificazione deriva dal fatto che questa reazione porta alla formazione del sapone di uso comune.

Gli esteri sono sostanze organiche formate da due radicali organici legati dal gruppo funzionale [-O-C=O-]. Nel caso della preparazione del comune sapone, si parte dai trigliceridi di acidi grassi presenti in grassi animali, come il sego bovino, o olii vegetali come l'olio di oliva.
La reazione che avviene in questo caso è descritta dallo schema seguente:

saponificazione

In cui vediamo a sinistra la struttura dell'estere formato dal glicerolo (detto anche glicerina) più i radicali "R" dell'acido grasso. Nel caso dell'olio di oliva questo radicale potrebbe essere quello dell'acido oleico CH3(CH2)7CH=CH(CH2)7COOH di cui l'olio di oliva è costituito per buona parte.

Il risultato della reazione è glicerolo più il sale dell'acido grasso considerato che nell'esempio, avendo usato idrossido di sodio nei reagenti (NaOH) sarà un sale di sodio.

Proseguendo la dimostrazione riportata nell'articolo a questo link, dimostriamo che l'elettore che abbiamo chiamato Mister X, oltre che essere sicuramente decisivo per una data scelta A>B, lo è per qualunque alternativa fra i candidati.

Nella prima parte della dimostrazione abbiamo visto che Mister X, che potremmo a questo punto chiamare anche "il dittatore", risulta decisivo per A su B.
Vediamo cosa succede se consideriamo l'alternativa fra A e Q, dove Q è un candidato Qualsiasi.

X P
A B
B Q
Q A

 

Già sappiamo che X è decisivo per A su B e quindi a livello globale deve essere A>B.
Per l'assioma di unanimità deve essere B>Q perchè è preferito sia da X che da P.
Per la proprietà transitiva A>B>Q implica A>Q.
Ma siccome A vince su Q nonostante P sia in disaccordo, risulta che X è decisivo nel far vincere A su Q.

Consideriamo adesso l'effetto che fa l'opinione del dittatore considerando C e un'alternativa qualsiasi che non sia A.

X P
C Q
A C
Q A

 

Abbiamo stabilito sopra che A>Q.
Per l'assioma di unanimità C>A (sono tutti d'accordo su questo, sia X che P).
Per la proprietà transitiva C>A>Q implica che C>Q.
Ancora una volta questo rispecchia il volere del dittatore e non quello di P quindi X è decisivo nel confronto fra Q e C.

Infine consideriamo il caso in cui il confronto sia fra C e A in presenza di un altro candidato Qualsiasi.

X P
C Q
Q A
A C

 

Sappiamo da sopra che C>Q.
Per l'assioma di unanimità Q>A.
Per la proprietà transitiva C>Q>A implica che C>A.
Ancora una volta C>A rispecchia la volontà del dittatore contro quella di tutti gli altri, quindi X è decisivo anche in questo caso.

 
 

Il timpano è una sottilissima membrana, tenuta in tensione dal muscolo timpanico, e capace di entrare in vibrazione, se investita dall’onda sonora proveniente dall’esterno attraverso il condotto uditivo. Grazie alle proprietà di elasticità di tale membrana, e ad un meccanismo di amplificazione costituito dalla catena degli ossicini, la sensibilità del timpano è straordinaria: è sufficiente un livello di pressione pari 0,2 miliardesimi della pressione atmosferica per attivare la sensazione sonora; a questi livelli di pressione lo spostamento della membrana timpanica è dell’ordine di 10-9 cm (un decimo circa del raggio dell’atomo di idrogeno).

Il muscolo tensore del timpano e il muscolo stapedio, che con la loro contrazione simultanea irrigidiscono la catena, costituiscono il meccanismo di regolazione del guadagno del sistema e ci permettono di percepire suoni lievi in un ambiente silenzioso e continuare a distinguere una conversazione anche in un ambiente rumoroso come potrebbe essere una discoteca.

Si deve ad Aristotele la piena comprensione dell’importanza di tre principi del nostro ragionare: il principio di identità, di non-contraddizione e del terzo escluso.

1. Il principio di identità afferma che dato A, A=A. Tale principio non è formalmente presente negli scritti aristotelici, ma da Parmenide (VI-V sec. a.C) agli stoici (III sec. a.C.) a Duns Scoto (XIII sec.) rappresenta la versione logica del fatto che, nel ragionare corretto, il significato dei termini deve mantenersi costante.

2. Il principio di non-contraddizione sostiene che, in un enunciato, non si può affermare e negare un predicato del soggetto, nello stesso tempo e nello stesso senso. Aristotele lo esprime che così: «E' impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e nella medesima relazione» (Metafisica IV, 1005b, 19-20).

3. Il principio del terzo escluso afferma che in un sistema a due valori, Vero e Falso un enunciato è vero o è falso: una terza possibilità è esclusa. Si tratta di un principio utile per dedurre una conclusione, diciamo A, dimostrando che il suo opposto (non-A) è contraddittorio. Sono di questo tipo tutte le dimostrazioni per assurdo.