Quando il complotto fa male

La capacità dei complottisti di creare teorie, trovare nessi fantasiosi fra avvenimenti e dati e, in mancanza di questi, di inventarne di inediti e avvincenti è straordinaria. Tutto sommato si tratta di una delle tante manifestazioni della creatività e capacità affabulatoria degli esseri umani.
Purtroppo però quando dalla teoria si passa alla pratica, gli effetti possono essere anche tragici o catastrofici.
Di seguito alcuni amari esempi in cui cerchiamo di evidenziare gli elementi elencati nei paragrafi precedenti.
Ovviamente la realtà non segue un copione e quindi i veri “nemici“, le “armi” e gli “eroi” non coincidono mai al 100% con le macchiette che abbiamo fin qui presentato, ma speriamo di trasmettere il messaggio che cercare di piegare i fatti ad una narrativa solo perché questa sia avvincente o rientri in una personale visione del mondo, possa portare a conseguenze dannose e spiacevoli.

Il “Pizzagate”

Questa prima vicenda si svolge negli Stati Uniti e risale al 2016. Il contesto sono le elezioni presidenziali che vedono in corsa Hillary Clinton e Donald Trump e che furono poi vinte da quest’ultimo.
Nella parte del nemico abbiamo la Clinton.
L’elemento scatenante, che diede il via alla teoria, fu la pubblicazione, ad opera di Wikileaks, di alcune mail di John Podesta, presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton.
Il ruolo dell’arma, in questo caso, fu la supposta minaccia di traffico di esseri umani e pedopornografia messa in atto da esponenti del partito democratico con Hillary Clinton in testa.
Il ruolo del coro fu assunto da membri ed esponenti dell’alt-right e movimenti legati al suprematismo bianco i quali diedero sfogo alla fantasia più perversa per creare collegamenti fra i contenuti delle email e elementi suggestivi come riti satanici.
Nel mirino dei complottisti finì un locale/pizzeria di Washington D.C. chiamato Comet Ping Pong che, secondo le tesi, sarebbe stato il quartier generale del traffico dei minori.

La situazione ebbe il drammatico epilogo quando il ventottenne Edgar Maddison Welch decise di assumere il ruolo attivo dell’eroe della vicenda e, anziché limitarsi a creare ipotesi fantasiose, decise di imbracciare un fucile semiautomatico e recarsi presso il locale per liberare gli schiavi del sesso che sarebbero stati rinchiusi, secondo la teoria, nei sotterranei del locale.

Per fortuna i tre colpi sparati dal Welch non ferirono nessuno e, accertato che il locale non solo non albergasse nessuno schiavo del sesso, né adulto né tantomeno bambino, ma non avesse neanche uno scantinato, il nostro eroe fu arrestato senza incidenti e successivamente condannato a 4 anni di reclusione.

L’affare Dreyfus

Il cosiddetto Affare Dreyfus fu una vicenda risalente al 1894 che ha ispirato romanzi e opere teatrali.
L’elemento scatenante, come le email del caso precedente, fu il ritrovamento presso l’ambasciata tedesca a Parigi, in un cestino della carta straccia, di un foglietto che fu poi indicato come il “borderau“. Il documento fu trovato da Marie Bastian, una donna delle pulizie che era in realtà un’agente del controspionaggio alla ricerca di prove incriminatorie nei confronti della Prussia, che era uscita vincitrice nel maggio del 1871 dal conflitto Franco-Prussiano. Su questo documento sarebbe stata riportata una lista di informazioni tecniche su attrezzature belliche che un anonimo si offriva di vendere al governo tedesco.

Quando il biglietto arrivò nelle mani del maggiore H.J. Henry c’erano quasi tutti gli elementi per mettere insieme la narrazione della patria tradita e alimentare nell’indignata opinione pubblica il risentimento verso la nazione straniera. Mancava solo il personaggio del nemico, ma potremmo dire del malcapitato, che fu assunto dal trentacinquenne ufficiale di stato maggiore Alfred Dreyfus, di estrazione borghese, ebreo e alsaziano.

Facendo leva sul diffuso sentimento antisemita, fu facile mettere insieme delle accuse generiche e campate per aria, una dubbia perizia grafologica sulla calligrafia presente sul borderau e, il 31 ottobre 1894, condannare il Dreyfus, dopo un processo sommario a porte chiuse e pubblica cerimonia di degradazione. Il giovane militare che si era arruolato per spirito patriottico contro l’invasore prussiano, si vide accusato e condannato proprio per spionaggio e tradimento a favore della Prussia.

C’è da dire che la vicenda che vide protagonista il giovane Dreyfus fu particolarmente intricata, coinvolgendo spionaggio e controspionaggio di due potenze europee, Francia e Prussia, l’intera élite militare dell’epoca e divise la Francia in pro e contro Dreyfus.
Il motivo per cui la citiamo qui è per sottolineare la facilità con cui una narrazione priva di alcun fondamento abbia potuto far presa così profondamente sull’opinione pubblica. Gli ingredienti c’erano tutti e anche quando emerse la verità sul fatto che il borderau non conteneva alcun segreto militare, ma era solo la lista di una fornitura di materiale bellico compilata dal maggiore Esterhazy, una parte dell’opinione pubblica rimase tanto affezionata alla teoria del complotto che ben 14 anni dopo, il 4 giugno 1908, durante la cerimonia di traslazione delle ceneri di Zola al Panthéon, il giornalista di estrema destra Louis Grégori esplose due colpi di pistola all’indirizzo di Dreyfus, ormai riabilitato e presente alla manifestazione, ferendolo leggermente.

Nome in codice: “Xylella fastidiosa”

Il batterio Xylella fastidiosa fu individuato nel 2014 dagli agronomi del CNR come causa della tracheobatteriosi mortale che stava colpendo le piante di ulivo nel Salento già da qualche anno. Per impedire la propagazione della malattia, l’allora comandante del corpo forestale Giuseppe Silletti, stilò un piano di contenimento che prevedeva l’abbattimento di diverse centinaia di alberi comprendenti sia gli ulivi infetti che le piante che li circondavano per un raggio di 100m.

Dopo i primi abbattimenti, nell’ottobre del 2015, la procura di Lecce bloccò le operazioni mettendo sotto sequestro gli ulivi infetti.
Anche questa volta la teoria del complotto arrivò a coinvolgere e condizionare l’attività giudiziaria. A nulla servirono le opinioni degli agronomi, i cui studi avevano non solo segnalato la presenza e la pericolosità del batterio sul territorio nazionale fin dal marzo del 2015, individuato nel Philaenus spumarius (insetto noto come sputacchina) il vettore dell’infezione e in seguito definito con precisione anche le varietà di ulivo più vulnerabili alla malattia.

Nel racconto complottista, se la Xylella era l’arma, il ruolo del nemico erano le multinazionali che volevano sostituire le olive tradizionali con quelle OGM. O una macchinazione ordita dalle multinazionali per far passare il gasdotto TAP. O Big Pharma che aveva diffuso il batterio nell’ambiente per venderci i famaci per eradicarlo. In molti casi l’allarme venne dipinto come ingiustificato e risolubile con pratiche relativamente poco invasive. Qualunque fosse la trama ordita dal nemico il risultato fu che nessuna misura di contenimento fu presa in tempo efficace per permettere l’eradicazione del batterio o per lo meno il suo contenimento nel Salento.

Nel 2019 la procura ha archiviato l’inchiesta, sono passati degli anni, a fronte di un focolaio iniziale di pochi esemplari nel 2015, oggi si contano milioni di ulivi secolari morti e il patogeno è ormai endemico sul territorio. E la Xylella avanza verso il nord…