Non si possono non prendere a testimonial di questo articolo i due nomi che fanno da pilastro in un dibattito che ha dominato le scienze naturali dalla fine dell ‘800 per tutta la prima metà del ventesimo secolo. I personaggi raffigurati nelle immagini sono, a sinistra, Jean-Baptiste de Lamarck e a destra Charles Darwin e in questo articolo parliamo di genetica, o meglio, di Epigenetica.
Non solo a Lamarck si deve la nascita del termine Biologia ma egli fu il primo a teorizzare in maniera scientifica una teoria che spiegasse le variazioni nel corso del tempo nella struttura degli esseri viventi. Quella che oggia chiamiamo brevemente Evoluzione.
L’opera di Lamarck, la Philosophie zoologique, risale al 1809, anno in cui, fatalmente, nasce proprio quel Darwin che, a distanza di 50 anni, ne L’origine delle specie del 1859, ne propose una teoria alternativa e oggi generalmente accettata.
La disputa fra lamarckismo e darwinismo rimane comunque nell’ambito di una teoria dell’evoluzione. Si suppone cioè che gli esseri viventi, nel corso della storia della Terra abbiano modificato le proprie strutture biologiche per meglio sfruttare le risorse ambientali, senza l’intervento di un’entità superiore ad avviare o dirigere i lavori.
La differenza fra le due teorie riguarda essenzialmente le modalità con cui queste variazioni si trasmetterebbero da una generazione all’altra, generando la biodiversità che oggi conosciamo.
In sintesi la teoria di Lamarck prevedeva che gli esseri viventi potessero modificare entro certi limiti la propria biologia per far fronte alle necessità dell’ambiente e successivamente trasmettere alla prole queste piccole modificazioni. Vivendo nello stesso ambiente, gli individui della stessa specie accumulerebbero queste piccole variazioni da una generazione all’altra fino a generare delle differenze macroscopiche e tipiche di quella specie.
Darwin ribalta completamente questa concezione sostenendo che la variabilità dei tratti biologici sia una caratteristica tipica all’interno di una popolazione. E’ normale che ciascun individuo sia leggermente diverso da ogni altro per determinate caratteristiche e quindi, per generare il meccanismo dell’evoluzione, Darwin introduce il concetto di Selezione Naturale.
Grazie alla selezione naturale, gli individui che, per caso, si trovassero ad avere caratteristiche fisiche tali da conferirgli un vantaggio evolutivo per sopravvivere nell’ambiente, avrebbero avuto maggiore probabilità di trasmetterle alla propria prole. L’ambiente diventa una sorta di filtro che permette il passaggio solo agli individui più adatti a sopravvivere ed avvantaggiarsi delle sue caratteristiche.
Sfortunatamente per Lamarck, la scoperta dell’ereditarietà ad opera di Gregor Mendel del 1865 e, in tempi più moderni, la scoperta della struttura DNA del 1953 da parte di James Watson e Francis Crick, hanno dato la spallata decisiva alla sua teoria.
Gli studi sul DNA hanno infatti chiarito in maniera precisa e dettagliata le modalità con cui i caratteri ereditari sono trasmessi dai genitori ai figli e i meccanismi mediante i quali questi caratteri possono variare e alterarsi, nel bene e nel male.
L’integrazione delle conoscenze derivanti dalla genetica con quelle derivanti dalla biologia ha portato alla nascita del Neodarwinismo che oggi viene generalmente accettato dalla comunità scientifica come LA teoria dell’evoluzione.
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