Lo zucchero? Chiamiamolo per nome!
Iniziamo con una annotazione di carattere filologico. Spesso gli zuccheri vengono chiamati “glucidi” rifacendosi alla parola greca “glucos” (γλυκύς) che significa “dolce”. Da questa radice derivano altre parole che sono in qualche modo imparentate con gli zuccheri come “glicosidico” o “glicole”. Altre volte si può usare la parola “saccaride” che deriva sempre dal greco “sakcharon” (σάκχαρον) che significa sempre “zucchero” e che è spesso accopagnata da suffissi: mono-, bi, poli-saccaride.
Si tratta di nomi che indicano sempre lo stesso gruppo di sostanze che vanno sotto il nome generico di idrati di carbonio, o carboidrati.
Quest’ultima denominazione è più chimica e si deve alla particolare composizione di queste molecole. In esse infatti appare ripetuto un certo numero di volte un gruppo di atomi costituito da un atomo di carbonio C più una molecola d’acqua H2O da cui il nome “idrati” di “carbonio”. Grazie alla caratteristica del carbonio di concatenarsi ad altri atomi di carbonio, la catena si può allungare fino a formare gli zuccheri più semplici presenti negli alimenti, composti da 6 atomi di carbonio.
Questi zuccheri sono denominati esosi in quanto hanno 6 atomi di carbonio e rientrano nella categoria dei monosaccaridi. Essi hanno la formula bruta C6H12O6.
Siccome la disposizione spaziale di questi atomi può variare, esistono diversi composti che hanno la stessa formula. Elenchiamo i più importanti di cui parleremo diffusamente nel prossimo paragrafo.
- Il glucosio (detto anche destrosio)
- Il fruttosio (detto anche levulosio)
- Il galattosio
I monosaccaridi si possono legare fra di loro per formare dei disaccaridi, come il saccarosio, il lattosio o il maltosio in cui ci sono due esosi legati fra loro.
Al crescere della complessità si hanno i polisaccaridi in cui le molecole di monosaccaridi legate fra loro possono essere in numero notevole. In questa categoria ricadono gli amidi, ma vedremo che vi sono composti meno noti ma ugualmente molto importanti.
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