Genotipo, Fenotipo ed Epigenetica
La conclusione del precedente paragrafo lascerebbe intuire che la teoria di Lamarck sia definitivamente morta e sepolta.
In realtà, come spesso accade nella scienza, quando vi è una contrapposizione netta fra due teorie, l’approfondimento degli studi porta ad una sintesi che dimostra che la verità sta nel mezzo. Il tassello mancante che potrebbe portare a questa sintesi passa attraverso il concetto di Epigenetica e per capirlo è necessario definire i concetti di genotipo e fenotipo.
Si chiama Genotipo l’insieme delle caratteristiche fisiche di un individuo così come sono definite dal suo codice genetico. O più semplicemente l’insieme di tutti i suoi geni.
Su chiama Fenotipo l’insieme dei caratteri fisici osservabili di un individuo.
Grazie alla genetica oggi sappiamo che il fenotipo è una conseuenza del genotipo. Come abbiamo visto nell’articolo sul colore degli occhi, i geni e le combinazioni di geni che fanno parte del nostro patrimonio genetico determinano le nostre caratteristiche esteriori.
Quando nel 2003 è arrivato al compimento il Progetto Genoma Umano che ha fornito il sequenziamento completo dei 46 cromosomi che costituiscono il nostro patrimonio genetico, forse qualcuno avrà pensato che, avendo a disposizione il progetto completo del nostro organismo, i segreti della vita e dell’evoluzione fossero ormai a portata di mano.
Purtroppo però non è così semplice.
La strada che collega il genotipo e il fenotipo è infatti sorprendentemente lunga e tortuosa e solo in pochi casi si può stabilire un collegamento diretto fra la presenza di un gene ed un preciso carattere ereditario. Nel caso del colore degli occhi, la grandissima varietà di tonalità del colore dell’iride, è dovuta al diverso tipo di melanina prodotto dalla pelle e alla sua concentrazione nello strato anteriore dell’iride, unitamente all’effetto di diffrazione di Rayleigh nello stroma. I fattori legati alla melanina sono codificati in geni diversi di cui ognuno di noi ne riceve due copie diverse dai genitori per ciascun cromosoma. Quindi da un lato vediamo una caratteristica fisica, il colore dell’iride, dall’altro abbiamo dei geni che codificano delle proteine in alternativa le une alle altre di varia qualità e quantità.
Capire esattamente quale sarà il risultato finale guardando solo i dati genetici è praticamente impossibile!
Situazioni analoghe sono scoperte continuamente nell’ambito della biologia molecolare, quando si scopre che determinate caratteristiche fisiche dipendono, per esempio, da qualche enzima presente nel fegato che permette o meno la presenza di altre molecole nel sangue ecc. ecc. Quindi la caratteristi di avere, per esempio, più o meno una forma di calvizie in età avanzata potrebbe essere correlata non al “gene della calvizie” ma al gene che codifica un enzima che solo indirettamente interviene ad agevolare la caduta dei capelli.
Come se non bastasse, le successive analisi dei dati prodotti dal Progetto Genoma, hanno rivelato che solo una piccola quantità di quest’ultimo è costituito da geni codificanti proteine. Dei 200000 geni previsti all’inizio del progetto ne sono stati trovati circa 20-25000. Il resto è costituito da sequenze ridondanti, o sequenze che non codificano nulla o sequenze di cui ancora non è stata appurata la funzione.
In questo scenario già di per sé particolarmente complicato, si inserisce lo studio dell’epigenetica.
L’Epigenetica è la disciplina che studia l’espressione genica. Cioè, dato un certo corredo cromosomico, in cui sono codificate una certa quantità di informazioni, quali e quante di queste informazioni, pur con i meccanismi tortuosi di cui abbiamo parlato poco sopra, avranno la possibilità di manifestarsi in un fenotipo?
L’ovulo fecondato, lo zigote, ha un corredo cromosomico costituito dalla somma dei contributi di entrambi i genitori. Ciò significa che ha una doppia copia di ogni informazione genetica di cui ha bisogno. E’ stato scoperto che durante l’embriogenesi, in uno stato abbastanza precoce della divisione dello zigote, avviene una “lotta chimica” fra i vari cromosomi, che scaturisce della “soppressione” di una delle due copie. Ovviamente questo avviene in maniera differente in ogni parte dello zigote, in modo che l’individuo finale sia effettivamente un mix di caratteri provenienti dai due genitori.
Da un punto di vista chimico il fenomeno è regolato principalmente dalle reazioni di acetilazione degli istoni e metilazione del DNA.
Gli istoni sono le molecole attorno alle quali si arrotola il DNA per evitare di aggrovigliarsi in maniera inestricabile nel nucleo cellulare. Gli istoni sono anche responsabili del fatto che, durante la divisione cellulare, i cromosomi acquisiscano la ben nota forma ad “X”.
L’acetilazione e la metilazione sono reazioni chimiche in cui rispettivamente o si lega un gruppo acetile (-CH3=O) all’istone o si lega un gruppo metile (-CH3) al DNA.
Un aumento dei gruppi metile provoca un avvicinamento degli istoni gli uni agli altri con conseguente maggiore difficoltà per il DNA che vi è avvolto di avere accesso ai meccanismi cellulari che lo usano per la sintesi proteica. Viceversa, un aumento dei gruppi acetile allarga gli istoni rendendo il DNA più accessibile. La conseguenza è che l’acetilazione “accende” i geni mentre la metilazione li “spegne”. Quindi il fenotipo non è determinato esclusivamente dall’informazione contenuta nei geni, ma anche da come questi interagiscono con l’ambiente cellulare.
A questo indirizzo è possibile simulare graficamente questo fenomeno: Gene Control.
Ciò che è importante per il nostro discorso è che i meccanismi di acetilazione e metilazione possono essere attivati da fattori esterni alla cellula, durante lo sviluppo dell’embrione e della vita dell’individuo. Per esempio l’ape regina è geneticamente identica alle sue api operaie. Ciò che la rende speciale è la dieta a base di pappa reale, che controlla l’espressione di Dnmt3, un enzima importante per la metilazione del DNA: grazie alla sua azione, l’ape regina acquisirà la combinazione epigenetica che permette lo sviluppo delle ovaie e di un addome adatto ad accogliere le uova. Le api operaie, che non si nutrono di pappa reale, rimangono invece sterili.
Si sta facendo avanti la disciplina della nutrigenomica che studia come la dieta influenzi l’espressione genetica. Gli studi sugli animali hanno provato che l’interazione dell’almentazione con alcune espressioni geniche o malattie genetiche esiste, ma siamo ancora molto lontani dall’individuare correlazioni certe nel caso dell’uomo.
Sta diventando sempre più frequente parlare di paesaggio epigenetico nello studio delle malattie genetiche per descrivere le condizioni scatenanti per la manifestazione di determinate patologie.
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