In una situazione d’emergenza l’esitazione e l’incertezza possono essere fatali.
Nel’interazione con l’ambiente esterno, non è difficile immaginare situazioni in cui agire in accordo con una strategia meno che perfetta sia comunque preferibile all’agire senza alcuna strategia o semplicemente non agire affatto.
Per questo motivo gli animali hanno sviluppato meccanismi mentali che permettono loro di analizzare in maniera veloce la situazione in cui si trovano e prendere le decisioni necessarie a massimizzare le loro probabilità di sopravvivenza.
Tipicamente etichettiamo questo tipo di comportamenti come istintivi, in contrapposizione a quelli cosiddetti razionali che si suppone ci porterebbero a scegliere la strategia migliore in assoluto.
In questo articolo vediamo qualche esempio di comportamenti e strategie che noi esseri umani mettiamo in atto involontariamente a causa del fatto che anche il nostro cervello si è evoluto per far fronte a situazioni d’emergenza, in cui la nostra superiore capacità di analisi sia inapplicabile per mancanza di tempo o informazioni.
A partire dagli inizi del ‘800 è entrato nell’uso scientifico il termine euristica che deriva dal greco εὑρίσκω-eurisko che significa scoprire, trovare (ricordiamo il famoso εὕρηκα-eureka di archimedea memoria).
Inizialmente sotto l’etichetta di euristica cadevano tutte le strategie che aiutassero l’individuo a cercare dati e migliorare la rappresentazione di problemi che non fossero risolubili attraverso la logica e la probabilità.
Col progredire degli studi nell’ambito del calcolo della probabilità e della statistica, però, l’uso di questo termine ha assunto progressivamente una connotazione negativa in quanto è andato a descrivere tutti quei processi mentali in cui il cervello fa le sue valutazioni senza utilizzare gli strumenti teorici che gli garantirebbero l’individuazione della soluzione corretta al problema.
Un grosso contributo alla fama negativa acquisita dal concetto di euristica nel corso degli ultimi anni si può attribuire al lavoro svolto agli inizi degli anni ’70 dagli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman i quali, attraverso una serie di brillanti esperimenti, misero in luce la fallacia della mente umana nel valutare intuitivamente diverse situazioni coinvolgenti la stima di frequenze e probabilità.
L’importanza dei risultati conseguita da questi due studiosi è stata riconosciuta dall’assegnazione del premio Nobel per l’economia nel 2002 (postumo per Tversky il quale era mancato pochi anni prima nel 1996), in quanto il loro lavoro è considerato una pietra miliare nella comprensione del giudizio umano in condizioni di incertezza.
Negli ultimi anni, tuttavia, si è andata affermando una disciplina denominata psicologia evoluzionistica che rende giustizia, almeno parzialmente, al modo di funzionare non completamente rigoroso della nostra mente. D’altronde se il nostro cervello è stato in grado di portarci dove siamo oggi attraverso i 10 milioni di anni che ci separano dai primi ominidi, qualche merito ce l’avrà!
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