Cervelli pre-cablati
Il nostro cervello processa costantemente una quantità mostruosa di informazioni. Una grandissima parte di questa elaborazione, però, non scalfisce neanche il livello della coscienza.
Si tratta infatti di elaborazione che riguarda strettamente la gestione dei dati grezzi che arrivano al cervello dagli organi di senso e che necessitano di essere interpretati ad un livello più basso prima che passino al vaglio delle aree sotto il controllo della coscienza.
Nell’analizzare il modo con cui il cervello processa questi segnali è possibile individuare delle situazioni in cui i nostri meccanismi mentali falliscono miseramente, poichè si sono evoluti, o si sono sviluppati, durante l’accrescimento dell’individuo, dando per scontato che gli stimoli vengano generati nel mondo tridimensionale in cui l’individuo vive ed agisce.
Purtroppo, quando si realizza una rappresentazione bidimensionale del mondo tridimensionale vi sono alcune immagini che possono ancora essere intepretate come immagini tridimensionali e altre in cui questa assunzione non è più applicabile, dando origine a illusioni ottiche spesso divertenti. Di seguito alcuni esempi famosi.
Nell’immagine a fianco è possibile vedere una scacchiera in cui due caselle sono state contrassegnate con le lettere A e B. La particolarità di questa immagine è che lo sfondo delle caselle contrassegnate è esattamente della stessa tonalità di grigio, sebbene appaiano l’una decisamente più scura dell’altra.
Questo evidenzia come i segnali di intensità luminosa che arrivano al cervello non vengano processati come dati isolati, ma l’elaborazione prende in considerazione anche il contesto e corregge la percezione dei singoli segnali. Vi sono moltissimi esempi, che riguardano correzioni analoghe, che interessano la percezione dei colori e queste correzioni sono largamente responsabili del fatto che noi siamo in grado di attribuire il giusto colore agli oggetti nelle condizioni di illuminazione più disparate. Semplicemente basandoci sul confronto delle informazioni che ci arrivano da varie parti della scena analizzata e un po’ di conoscenza acquisita sul colore atteso per alcuni elementi della scena. Per esempio, se illuminiamo le pareti bianche di una stanza con della luce rossa, siamo comunque in grado di capire che il colore delle pareti è bianco, anche se la luce che viene riflessa nei nostri occhi è realmente rossa. Il cervello in maniera del tutto automatica sottrae la dominante rossa dalla scena.
In questa immagine invece ciò che viene messo in crisi è la percezione delle proporzioni. Il cervello crea una rappresentazione delle dimensioni assolute degli oggetti che vengono visti compensando l’effetto di rimpicciolimento dovuto alla proiezione prospettica. Il cervello sa che gli oggetti più lontani appaiono più piccoli, estrae le informazioni prospettiche dalla scena e deduce che la vettura più lontanta deve essere più grande di quella più vicina. Anche se misurando le dimensioni reali delle tre vetture sulla fotografia possiamo verificare facilmente che sono esattamente identiche.
L’effetto realizzato da quest’altra immagine può persino risultare fastidioso per alcuni (distogliere lo sguardo in tal caso). Le ruote presenti in questa immagine appaiono in movimento specialmente nelle zone periferiche del campo visivo. Nel caso in cui l’effetto non fosse chiaramente percepito, cliccare sull’immagine per ingrandirla. I motivi per cui si verifichi questo fenomeno non sono stati ancora chiariti al 100%, ma una spiegazione molto plausibile è che differenti caratteristiche dell’immagine, direzione delle linee, contrasto, ecc. vengano non solo processate in aree differenti della corteccia visiva, ma anche che queste aree abbiano bisogno di tempi diversi per effettuare l’elaborazione. Il fatto che i risultati dei queste elaborazioni arrivino al livello della coscienza sfasati e in tempi diversi genererebbe l’effetto di movimento. Una situazione del genere, infatti, è proprio ciò che si verificherebbe quando ad essere osservato fosse un oggetto che, spostandosi nella scena, eccitasse aree diverse della corteccia in tempi diversi.
Infine, qui a fianco, vediamo un’immagine in movimento rappresentante il volto tridimensionale di Albert Einstein. Tutto appare normale finché non ci rendiamo conto che ciò che stiamo vedendo non è in realtà una maschera convessa con l’effigie del noto scienziato, bensì una maschera concava in cui il volto è scavato anziché in rilievo. Ciò è reso possibile dal fatto che lo scavo riceve un’illuminazione dal basso e quindi produce delle ombre che sono esattamente equivalenti a quelle che si avrebbero su una superficie convessa, se l’illuminazione fosse dall’alto. Anche in questo caso, la nostra corteccia visiva è pre-cablata in modo da interpretare gli oggetti che vede come se fossero illuminati dall’alto, che è la condizione più comune per degli esseri viventi che ricevono la luce da una stella che brilla sulle proprie teste.
Ciò che rende divertenti queste, e altre, illusioni ottiche è la loro inevitabilità. Il funzionamento della corteccia visiva è così indipendente dalla coscienza e da ciò che sappiamo della scena osservata, che non possiamo impedirle di cascarci!
Anche se limitati al solo ambito della visione, gli esempi di cui sopra, servono a far vedere che ci sono aree del cervello che sono fatte in un certo modo perchè sono funzionali a farci interagire con un ambiente esterno che è fatto in un certo modo. Poco importa se la corteccia visiva viene tratta in inganno da particolari rappresentazioni bidimensionali su un foglio di carta, se questo è il prezzo da pagare per processare in tempi brevissimi le informazioni visive che ci permettono di riconoscere le persone che ci sono vicine, correre e acchiappare al volo dei bersagli mobili, nel mondo reale.
Quello che vedremo nei prossimi paragrafi è che questo adattamento al mondo reale non è limitato alla sensorialità, ma anche la parte ragionante del nostro cervello ne è pesantemente condizionata. E in qualche caso è altrettando difficile impedirle di cascare in quelle che vengono chiamate illusioni cognitive.
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