C’è un filo che lega il personaggio mitologico del dio Mercurio, di cui nella foto accanto vediamo un dettaglio della statua presente sul palazzo del Lloyd a Trieste, con la fisica più moderna attraverso il pianeta che reca il suo nome.
In questo articolo lo percorriamo per scoprire il perché della sua particolare importanza.
Il Mercurio mitologico
Nel personaggio romano del dio Mercurio sono confluite le credenze relative a due divinità mitologiche preesistenti aventi caratteristiche molto simili: Turms, divinità etrusca di cui abbiamo notizia grazie a numerose incisioni e di cui possiamo vedere in foto una statuetta ritrovata a Vulci e oggi conservata al Louvre, e Hermes (Ἑρμῆς) divinità greca su cui gli autori classici hanno scritto a profusione.
Le similitudini fra Turms e Hermes sono numerose. Nel pantheon etrusco il dio supremo del cielo e dei fulmini è Tinia e alla sua corte Turms svolge le funzioni di messaggero. Per tale motivo è rappresentato con calzari alati e un bastone da araldo. Oltre alle funzioni di messaggero, Turms si occupa anche di guidare i morti nell’oltretomba e in questa veste viene denominato Turms Aitas.
L’Hermes greco condivide con Turms tutte queste caratteristiche, servendo alla corte di Zeus e facendo le funzioni di Hermès psychopompòs, colui che accompagna le anime nell’Ade.
Nella mitologia greca Hermes era figlio di Zeus e Maia, la più bella delle pleiadi ed è rappresentato come un giovane brillante e pieno di risorse fin dalla più tenera età. Ancora in fasce fugge dalla culla e ruba la mandria di Apollo facendo camminare le bestie a ritroso per per non farsi tradire dalle tracce degli zoccoli! Nonostante fosse stato scoperto riesce a convincere Apollo a regalargli il bestiame in cambio di una cetra dal suono soave costruita da lui stesso. Lo strumento era così meraviglioso che, oltre al bestiame, Apollo gli regalò un bastone magico capace di trasformare due serpenti in lotta in due serpenti in amore.
Per queste sue qualità, di cui non si ha riscontro nella versione etrusca, Hermes divenne il dio dell’oratoria, protettore dei viaggiatori e del commercio, ma anche dei ladri, dei truffatori e dei bugiardi.
Per i romani Mercurio era specialmente il dio del commercio e il suo nome si faceva derivare da merx (merce) e da mercari (commerciare). Per onorare questo dio a Roma fu fondato il collegio dei commercianti, i cui componenti si chiamavano mercuriales.
I suoi attributi sono il cappello da viaggiatore, il pètaso, i calzari alati, i talàri, ma soprattutto il caducèo, il bastone simbolo della sua funzione di messaggero, recante due ali all’estremità e due serpenti attorcigliati.
Nonostante l’origine del bastone sia stata inglobata nella mitologia greca come già detto, sembra che il suo significato simbolico abbia origini più antiche. Anche oggi il caducèo è diventato il simbolo dell’ordine dei medici nonostante nel mito di Hermes non giocasse nessun ruolo legato alla medicina o alla farmacopea.
Secondo alcuni autori, sia il bastone di Asclepio, con un serpente attorcigliato, sia il caduceo di Hermes, con due serpenti, deriverebbero da una pratica molto antica, e come visibile dalla foto tuttora in uso, di estrazione dai tessuti sottocutanei della femmina adulta di Dracunculus medinensis, un parassita diffuso in molte regioni rurali dell’Africa e del Medio Oriente. Il parassita viene delicatamente avvolto attorno a un bastoncino con un operazione molto lenta e delicata per evitare di spezzare il corpo dell’animale lasciandone una parte sotto la pelle del paziente.
Lasciamo il nostro Hermes con un simpatico dialogo di Luciano di Samosata in cui il dio è a colloquio con la madre Maia e si lamenta della sua condizione
Maia. Non dir questo, o Ermes.
Ermes. Come non dirlo? se le faccende m’affogano, se io solo debbo affaticarmi, e non basto a tanti servigi? La mattina, come mi levo, debbo spazzar la sala del banchetto, e rifare il letto, e rassettato ogni cosa, esser pronto ai cenni di Zeus, e andare su e giù per staffetta tutto il dì portando suoi ordini: e tornato, ancor polveroso come sono, mettermi a preparare l’ambrosia. Prima che ci fosse venuto questo garzone per coppiere, anche il nettare doveva mescerlo io. La pena maggiore è che solo io fra tutti non posso dormire la notte, e mi conviene condurre le anime ad Ade, e far da guida ai morti, e star presente al tribunale. Non bastavan le faccende del giorno, andar nelle palestre, fare il banditore nei parlamenti, insegnare ai retori: mi mancava quest’altro rompicapo de’ morti. Almeno i figliuoli di Leda si danno lo scambio, e ciascun d’essi un giorno è in cielo, un giorno in inferno: io poi ogni giorno debbo fare sempre lo stesso. I figliuoli di Alcmena e di Semele, nati di due povere donne, se la godono senza darsi un pensiero: ed io nato di Maia di Atlante, fo il servitore a loro. Ed ecco, ora ritorno da Sidone, dove il Sire mi ha mandato a vedere che faceva la figliuola di Cadmo; e senza darmi un po’ di respiro, mi ha spedito di nuovo in Argo a visitar Danae: e di là, m’ha detto, passando per la Beozia, dà un’occhiata ad Antiope. Io mi sento tutto rotto e stracco: e se potessi, vorrei proprio esser venduto, come su la terra i servi di mala voglia.
Maia. Lascia questo pensiero, o figliuolo: tu se’ giovanetto, e devi fare ogni servigio a tuo padre. Va ora, come egli ti ha commesso, salta in Argo, e poi in Beozia: se tardi, avrai a toccar delle busse; ché chi ama, sdegnasi per nulla.
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