Il Mercurio astronomico
Il pianeta Mercurio è il più vicino al Sole di tutto il sistema solare. Era già noto fin dai tempi dei Sumeri (III millennio a.C.) e per ricollegarci al mito del paragrafo precedente, gli astronomi greci identificavano il pianeta con il nome di Apollo, quando esso appariva al mattino, verso oriente, e con il nome di Hermes, quando appariva alla sera, verso occidente. I pianeti Mercurio e Venere infatti, trovandosi su un’orbita più interna, fra la Terra e il Sole, sono visibili chiaramente a occhio nudo solo all’alba e al tramonto, quando sono illuminati dal Sole ma questo non è ancora sorto a rischiarare il cielo. La consapevolezza che Hermes e Apollo rappresentassero il medesimo corpo celeste è attribuita a Pitagora, mentre Eraclito fu il primo a supporre che il pianeta, assieme a Venere, orbitasse intorno al Sole, piuttosto che alla Terra.
Oggi le informazioni in nostro possesso su questo pianeta ci vengono principalmente dai dati raccolti dalle due sonde statunitensi Mariner 10, lanciata nel novembre del 1973 che fece tre sorvoli di Mercurio nel 1975 e MESSENGER (acronimo di MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging), lanciata nel 2004 e giunta in orbita cosiddetta ermeocentrica nel 2011.
La massa di Mercurio è circa 1/18 di quella della Terra e ha un diametro equatoriale di 4.879km e nell’immagine a fianco possiamo vedere in proporzione la differenza fra Mercurio e Terra.
Uno dei dati più sorprendenti che le sonde misurarono quando giunsero in prossimità di Mercurio fu la presenza di un debole campo magnetico, pari a circa un centesimo di quello terrestre, fortemente deflesso dal vento solare.
L’origine di questo campo magnetico rappresenta un dilemma di difficile soluzione, infatti, come abbiamo visto in questo articolo, le ipotesi più accreditate riguardo la formazione del magnetismo terrestre presuppongono la presenta di un nucleo ferroso liquido rotante col pianeta e al cui interno possano formarsi delle correnti convettive.
Nel caso di Mercurio, vista la sua alta densità, è facile supporre un nucleo ferroso centrale, ma date le piccole dimensioni, è difficile che questo metallo sia allo stato liquido.
Come soluzione a questo problema nel 2001 G. Shubert dell’Università della California ha proposto che nella composizione del nucleo di Mercurio vi sia una significativa presenza di zolfo. Questo, insieme al ferro, darebbe luogo alla formazione di solfuro ferroso, composto caratterizzato da temperatura di fusione più bassa, tale da permettere almeno parzialmente al nucleo del pianeta di rimanere liquido. Purtroppo questo non è sufficiente a spiegare la generazione del campo magnetico mediante un meccanismo analogo a quello terrestre, perché la velocità di rotazione del pianeta è troppo bassa per attivare l’effetto dinamo.
Proprio su questo dilemma si sono concentrati gli studi di Jie Li e Bin Chen dell’università dell’Illinois. Nel loro modello, proposto nel 2014, si ipotizza che, attorno ad un nucleo centrale di ferro cristallino, vi sia un nucleo fuso in cui il movimento della massa fluida sia prodotto dalla precipitazione verso il centro di composti liquidi di ferro-zolfo, mentre composti di ferro-silicio più leggeri e non miscibili verrebbero spinti verso la superficie. Le simulazioni empiriche del fenomeno descritto hanno dato risultati compatibili con le osservazioni fatte sul campo magnetico del pianeta, compresa la differenza di intensità fra il campo magnetico nord (più intenso) e sud (più debole).
Ma la particolarità più interessante del pianeta Mercurio risiede nel suo moto orbitale tale per cui, se potessimo fare una vacanza su Mercurio, sperimenteremmo dei fenomeni abbastanza curiosi.
Tanto per cominciare, a causa della sua minore massa, la gravità sulla sua superficie è circa un terzo di quella terrestre. Per avere un’idea, una persona di 80kg, su Mercurio ne peserebbe circa 30!
Il cielo di Mercurio sarebbe nero anche di giorno, non avendo il pianeta (a parte un’esosfera molto rarefatta) una atmosfera che lo circonda. E in questo cielo nero brillerebbe un Sole da 2.1 volte, all’afelio, a 3.2 vole, al perielio, più grande di quello che vediamo sulla Terra. Questa variazione è dovuta alla grande eccentricità dell’orbita che è di 0.2056 contro i 0.0167 dell’orbita terrestre.
Il suo asse di rotazione è inclinato solo do 0.01° rispetto al suo piano orbitale. Questo significa che su Mercurio non esistono stagioni, ma, come vedremo, di stranezze orbitali ce ne sono più che a sufficienza.
Infatti Mercurio ha un periodo di rotazione attorno al proprio asse molto lento: un giorno su Mercurio dura ben 58 giorni terrestri! Questo significa che il Sole, ben più vicino di quanto lo sia rispetto alla Terra, illumina aree del pianeta per periodi sensibilmente più lunghi, portando la temperatura massima di giorno a 350°C. Temperatura che, a causa della mancanza dell’effetto mitigante di atmosfera e acqua, crolla di notte fino a -170°C. Ma la cosa ancora più curiosa è che la velocità di rivoluzione di Mercurio attorno al Sole è più veloce di quella di rotazione attorno al proprio asse con un periodo di risonanza di 3:2. Significa che in 3 giorni mercuriani passano 2 anni mercuriani. Un ciclo completo si realizza in 176 giorni terrestri.
A causa di questa combinazione di velocità, unitamente al fatto che questa aumenta avvicinandosi al perielio, durante la nostra vacanza su Mercurio, in alcune zone assisteremmo ad un Sole che, dopo essere sorto, aumenterebbe di dimensioni raggiungendo lo Zenith in 44 giorni (terrestri), si fermerebbe per tornare indietro per un breve periodo per poi continuare il suo corso normale verso il tramonto. In altre zone potremmo assistere ad un Sole che “danza” sull’orizzonte e in altre attorno allo Zenith.
Per approfondire gli studi su Mercurio, l’Agenzia Spaziale Europea, l’ESA, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Giapponese, JAXA, hanno programmato il lancio di una sonda denominata BepiColombo, dal nome del famoso matematico italiano Giuseppe Colombo detto Bepi, che studiò il migliore percorso per raggiungere Mercurio durante la missione della Mariner 10.
La missione della BepiColombo prevede il lancio di tre moduli: una sonda orbitale europea, che trasporterà 11 strumenti e da un’orbita polare farà una mappa della superficie, analizzerà l’interno del pianeta, la composizione delle rocce e dell’atmosfera rarefatta, una sonda orbitale giapponese, che trasporterà 5 strumenti per studiare principalmente il campo magnetico, e un propulsore che trasporterà le due sonde fino a Mercurio.
Il lancio della BepiColombo era pianificato inizialmente per il luglio del 2016, successivamente posticipato al 27 gennaio 2017. L’attuale programma prevede il lancio per il 6 ottobre 2018 e dovrebbe raggiungere la destinazione circa 8 anni dopo.
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