La coclea: principio di funzionamento
Grazie a ciò che sappiamo della fisica e dell’acustica in generale, sappiamo che il suono è costituito dal propagarsi di un’oscillazione in un mezzo elastico come l’aria o l’acqua o persino un metallo.
Chi ha pratica di elettronica sa che a tale oscillazione, mediante l’uso di un opportuno trasduttore, un microfono, si può far corrispondere una analoga oscillazione elettrica. Chi ha pratica di informatica sa che a tale segnale elettrico si può far corrispondere un valore numerico e la successione nel tempo di tanti valori numerici è rappresentativa della variazione del segnale originale. Questo processo può essere percorso in senso inverso e ritrovarsi con la membrana oscillante di un altro opportuno trasduttore, l’altoparlante, che riproduce il suono di partenza.
Quello sopra descritto è il principio su cui si basano tutti i dispositivi audio digitali di cui oggi abbiamo esperienza, dai CD ai lettori MP3.
Visto quanto sono comuni e diffusi i dispositivi che operano in questa maniera, ci verrebbe da pensare che nella coclea non ci sia altro che l’equivalente organico di un microfono che faccia corrispondere un segnale nervoso proporzionale all’oscillazione che gli viene trasmesso dagli ossicini. Poi, come nei lettori MP3 avviene una discretizzazione del segnale (cioè si fa corrispondere all’intensità del segnale in un dato istante, un preciso valore numerico), si può pensare che le cellule ciliate emettano delle scariche discrete in misura proporzionale all’intensità della vibrazione cui sono sottoposte.
Questo è vero solo in parte. La realtà è un tantino più complicata. Vediamo perchè.
Per convenzione si assume che lo spettro udibile dagli esseri umani si estenda dai 20 ai 20.000Hz. Onestamente dubito che la maggior parte delle persone sia veramente in grado di sentire qualcosa sopra i 16kHz, ad essere ottimisti.
Il teorema di Shannon ci dice che, per poter ricostruire un’onda dopo averla campionata, è necessario che la frequenza di campionamento sia almeno il doppio della frequenza massima che si vuole raggiungere. Questo è il motivo per cui i CD audio sono campionati con una frequenza di 44.1kHz, per poter riprodurre fino ai 20kHz di cui sopra. In altre parole, per ogni secondo di musica da memorizzare, sul supporto elettronico sono scritti 44100 valori numerici. Cioè, fra un valore e il successivo vi è un intervallo di tempo di circa 2 centomillesimi di secondo.
Nelle immagini a destra è rappresentato il passaggio da un segnale analogico, in alto rappresentato da una curva continua, come può essere la variazione di pressione dell’aria sul timpano al variare del tempo, e in basso lo stesso segnale campionato. Anzichè una curva continua abbiamo un insieme di valori, equispaziati nel tempo, che rappresentano, nell’esempio precedente, il valore della pressione ad intervalli regolari.
Siccome il nostro sistema nervoso è costituito da neuroni, il nostro trasduttore cocleare si trova nella necessità di dover effettivamente fare un campionamento del segnale, perché i neuroni funzionano a impulsi discreti, ma si scontra con il limite fisiologico dei neuroni stessi i quali sono in grado di generare un impulso a intervalli al minimo di qualche decimo di millisecondo.
Questo pone un grosso limite alla frequenza massima raggiungibile. Di fatto i neuroni riescono ad effettuare una sintesi dei due effetti: la codifica tonale tramite la disposizione tonotopica lungo la membrana basilare, di cui parliamo nel prossimo paragrafo, e una tramite un sistema di aggancio di fase.
Inoltre, se anche l’orecchio interno fosse in grado di realizzare realmente un campionamento del segnale a quella frequenza, tale flusso di informazione, una volta pervenuto al cervello, dovrebbe essere sottoposto ad una elaborazione estremamente onerosa. Infatti, a meno di non immaginare una riconversione analogica del segnale, il cervello avrebbe da effettuare delle trasformate discrete di Fourier per poter filtrare il segnale ed estrarne delle informazioni, elaborando decine di migliaia di valori al secondo.
Con l’hardware a disposizione, la natura non avrebbe potuto ottenere un sistema funzionante in tempo reale allo stesso modo in cui funzionano oggi i dispositivi elettronici.
Quindi ha seguito una strada diversa: ha realizzato un analizzatore di spettro meccanico, o elettromeccanico per certi versi.
Il meccanismo di funzionamento della coclea non è quello di un microfono che rileva l’intensità del suono istante per istante e vi associa un qualche tipo di stimolo nervoso. Si tratta invece di un sistema che associa stimoli nervosi specifici per ogni frequenza contenuta nel suono percepito!
Cioè in un dato istante, se per esempio stiamo ascoltando il suono di un contrabbasso, vi saranno alcune cellule ciliate, dedicate alle frequenze basse, che invieranno un forte impulso al cervello, più qualche impulso, molto meno intenso, prodotto dalle cellule dedicate alle frequenze alte, che sono eccitate dal rumore dello sfregamento dei crini dell’archetto sulle corde.
Quello sopra descritto è il principio di funzionamento del nostro analizzatore di spettro biologico. Nel paragrafo seguente vedremo come la natura ha raggiunto questo obiettivo.
Il sistema acustico utilizza un secondo sistema per codificare le varie frequenze oltre alla codifica tonotopica della coclea.
Fino a frequenze nell'ordine dei 3kHz la coclea può utilizzare direttamente un sistema di aggancio di fase in cui un singolo neurone può scaricare in un determinato punto dell'onda sonora ad una certa frequenza. I pattern di scarica determinano quindi un codice temporale.
Per frequenze più alte, fino a 5kHz, è stato proposto il principio di scarica tramite il quale è necessaria la collaborazione di più neuroni per ricostruire il pattern.
Oltre i 5kHz la velocità di scarica dei neuroni è comunque troppo lenta, quindi per i suoni più acuti il cervello si deve basare solo su informazioni derivanti dalla zona di membrana oggetto dell'eccitazione.
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