OGM Thuringiensis powered
Parlare di OGM (Organismi Geneticamente Modificati) è un ottimo modo per dividere le persone in due fazioni contrapposte. Da un lato ci saranno quelli che vedono gli OGM come un’opportunità per risolvere problemi di carenza nutrizionale, come nel caso del Golden Rice, oppure un modo per creare delle colture in grado di sopportare condizioni climatiche più difficili, come nel caso del Triticale, oppure un modo per coltivare delle piante che non abbiano bisogno di costosi pesticidi per essere difese dagli insetti, di cui parleremo più avanti, o resistenti a particolari diserbanti come il Roundup della Monsanto.
Dall’altro lato ci sono coloro i quali temono che questo tipo di manipolazioni siano da evitare per motivi etici o religiosi, in quanto manomettere o interferire con la naturale evoluzione del codice genetico sia un’attività di cui gli esseri umani non sono degni, oppure semplicemente hanno paura che queste manomissioni abbiano degli effetti collaterali imprevisti, dannosi e difficili da individuare sul breve periodo. Sicuramente fra tutti vi sono quelli che vedono negli OGM una fonte di guadagno, contrapposti a quelli che vedono questi guadagni come una ulteriore fonte si sperequazione sociale.
I rischi, reali, di allergenicità e di indurre la resistenza agli antibiotici richiederebbero un approfondimento a parte, non strettamente correlato agli scopi di questo articolo in cui inoltre non si entra nel merito della contrapposizione più o meno ideologica fra i sostenitori e i detrattori degli OGM, ma ci si focalizza sul loro ruolo nell’ambito della lotta biologica di cui abbiamo fin qui parlato.
Per far questo bisogna presentare un attore importante, il Bacillus Thuringiensis, che già da solo rappresenta un’arma importante nella lotta ai parassiti. Questo batterio infatti venne scoperto nel 1901 da Shigetane Ishiwata e oggi ne sono state scoperte diverse sottospecie. Di queste sono di particolare interesse agricolo la kurstaki e la aizawai, per quanto riguarda il controllo dei lepidotteri, e la tenebrionis per il controllo dei coleotteri. Vediamo come.
Il BT, come tutti i batteri, si riproduce per scissione, ma nei casi in cui le condizioni ambientali non permettano il sostentamento del suo ciclo vitale, ha la capacità di trasformarsi in una forma “dormiente” più resistente detta spora. Quando il batterio avvia il processo di trasformazione in spora, al suo interno, oltre alla spora stessa, si producono dei cristalli proteici che vengono rilasciati nell’ambiente insieme alle spore quando la cellula madre, che in questo caso si definisce sporangio, si dissolve.
Si dà il caso che che questi cristalli proteici, se ingeriti dalle larve di alcuni insetti, giunti nell’ambiente basico del loro intestino e in presenza degli opportuni enzimi, si dissolvano in molecole più semplici che hanno azione insetticida.
Un dettaglio importante di questo meccanismo è che questi cristalli proteici sono altamente selettivi. Cioè, affinché l’effetto insetticida si manifesti, è necessario che la larva abbia i recettori e gli enzimi per quel particolare tipo di cristallo.
Questo fa sì che le tossine generate dal batterio siano perfettamente innocue per tutti gli altri insetti e animali che non siano quelli specifici per cui i batteri sono stati selezionati.
Dato il basso impatto ambientale di questa pratica, l’uso del BT ha conosciuto, ormai da trent’anni a questa parte, una grande diffusione e questo ha spinto gli scienziati a cercare un modo più efficiente per sfruttare alla fonte, e in questo caso si potrebbe dire “alla radice“, le proprietà dei cristalli insetticidi rendendoli indipendenti dalle condizioni climatiche e attivi per tutta la vita della pianta senza richiedere lavoro da parte dell’agricoltore per essere applicato sulle coltivazioni.
Grazie ai progressi dell’ingegneria genetica è stato possibile isolare il gene responsabile della codifica del cristallo insetticida nel BT e impiantarlo nel genoma di piante come mais, cotone, soia e molte altre, in modo che siano le piante stesse a contenere in sé, e in tutte le loro parti, la tossina desiderata. L’approvazione a utilizzare per scopi commerciali il primo mais modificato risale al 1996.
Questo ha permesso di combattere efficacemente uno dei principali parassiti del mais, la Piralide le cui larve sono particolarmente aggressive per le piante.
Il risparmio nell’utilizzo delle colture transgeniche consiste soprattutto nel risparmio nella quantità e costo degli insetticidi da utilizzare per cui la loro diffusione è stata enorme. E’ stato calcolato che l’incremento di produzione di mais, cotone e soia registrato nel periodo dal 1996 al 2013, se non fosse stato causato dall’utilizzo di colture OGM avrebbe richiesto un aumento di area coltivabile del 11% negli Stati Uniti o del 32% nell’Unione Europea, ovviamente con un incremento in termini di costi di irrigazione, aratura e fertilizzazione proporzionali.
Gli effetti collaterali, largamente previsti per i meccanismi di selezione naturale, di un utilizzo intensivo hanno iniziato ad emergere negli ultimi anni, quando sono stati individuati i primi ceppi di insetti resistenti alla tossina, come per esempio i casi riguardanti la Diabrotica registrati nel 2011 in Iowa.
Per far fronte a questo problema, in America, l’EPA (Environmental Protection Agency – Agenzia per la protezione ambientale) sta varando delle norme che obblighino i coltivatori ad operare delle rotazioni di colture o creare delle zone rifugio, cioè degli appezzamenti coltivati con piante non-Bt che favoriscano la proliferazione di insetti non resistenti facendo in modo che i geni della resistenza alla tossina si diluiscano nella popolazione.
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