Una mente, tante intelligenze
Il fatto che lo studio dell’intelligenza potesse andare oltre la filosofia ed essere affrontato con metodi più vicini a quelli della medicina e, come vedremo, della fisica e della matematica è una conquista relativamente recente.
Un contributo fondamentale si deve a Sigmund Freud intorno al 1895, anno che si assume come data di nascita della Psicoanalisi.
Finalmente si analizza il comportamento degli esseri umani in ambienti non idealizzati e si scopre che, in talune circostanze, le azioni delle persone non sono sotto il loro pieno controllo. Si inizia a parlare di inconscio e implicitamente si instilla il dubbio che nella nostra testa potrebbe esserci “qualcos’altro” che controlla le nostre azioni o persino noi stessi, senza che che ne accorgiamo.
Appare chiaro che l’intelligenza non è soltanto l’abilità a risolvere problemi più o meno formali, ma ha un significato più esteso comprendendo tutte le abilità che il cervello ci fornisce per interagire con l’ambiente e con la società.
Sottolineando l’importanza di essere “intelligenti” nell’interazione con i nostri simili, nel 1959 lo scrittore di fantascienza Daniel Keyes pubblicò un racconto breve che è oggi considerato un classico: Fiori per Algernon.
In esso si narra dell’esperienza di una persona affetta da ritardo mentale nell’acquisizione di una intelligenza geniale e la sua presa di coscienza della propria condizione precedente. Charlie Gordon, il protagonista della storia si rende conto delle discriminazioni cui era fatto oggetto quando non aveva la capacità di rendersene conto. L’autore dimostra quanto l’intelligenza sia una abilità fondante per esperienza umana e come sia coinvolta in tutte le azioni, interazioni e esperienze che un essere umano può avere.
Nel 1983 questa concezione allargata di intelligenza, quindi non necessariamente logico-matematica, viene esplicitata con successo nel famoso saggio di Howard Gardner, Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences.
Nell’opera di Gardner viene riconosciuta e formalizzata l’esistenza di diversi tipi di intelligenza, ciascuna specializzata a far fronte a diverse esigenze e problemi cui l’individuo può essere sottoposto durante la sua esistenza.
Elenchiamo, a titolo esemplificativo i sette tipi di intelligenza individuati da Gardner nella sua opera originale.
- Intelligenza linguistica – che permette all’individuo di comunicare utilizzando un linguaggio di alto livello, adeguandone il registro espressivo al contesto linguistico e organizzando i concetti espressi attraverso chiare strutture sintattiche
- Intelligenza musicale – che raggruppa le abilità ritmiche e melodiche, la capacità di distinguere l’altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Per inciso, individui con una spiccata intelligenza musicale tendono a manifestarla molto presto durante l’infanzia.
- Intelligenza logico-matematica – che permette di manipolare lunghe catene di ragionamento, riconoscere gli aspetti significativi di un problema e collegarne gli elementi per risolverlo
- Intelligenza spaziale – che permette di percepire il mondo visivo con precisione e fare rielaborazioni delle informazioni ricevute, arrivando a ricrearne gli aspetti anche in assenza degli stimoli primitivi.
- Intelligenza cinestetica o procedurale – che permette di avere un controllo raffinato dei propri movimenti e della propria posizione nello spazio, riuscendo a manipolare gli oggetti con estrema precisione.
- Intelligenza interpersonale – che permette di identificare i propri sentimenti e utilizzarli per guidare il proprio comportamento
- Intelligenza intrapersonale – che permette di interpretare gli stati d’animo interni nelle persone che ci circondano e quindi comprenderne le motivazioni e le intenzioni.
In seguito l’autore ha ampliato la sua concezione includendo anche:
- Intelligenza Naturalistica – che permette di individuare gli elementi naturali e le relazioni che fra essi intercorrono
- Intelligenza Esistenziale – che permette di riflettere in modo consapevole sui temi dell’esistenza per estrarne concetti validi universalmente
In particolare i temi dell’intelligenza interpersonale e intrapersonale sono stati ulteriormente sviluppati da Peter Salovey e John D. Mayer nel 1990 tramite il concetto di Intelligenza Emotiva anche se la diffusione di questo concetto ad un pubblico più ampio si deve al alvoro del 1995 di Daniel Goleman (in foto) grazie suo famoso saggio Emotional Intelligence.
Oggi, mentre da un lato gli psicologi continuano a studiare i diversi aspetti dell’intelligenza, capirne i limiti e le potenzialità, dall’altro la medicina studia nel dettaglio il funzionamento del cervello, utilizzando macchinari che finalmente danno risultati oggettivi e misurabili.
Dal più rudimentale l’elettroencefalografo alla più recente fMRI, i fisiologi sono oggi in grado di associare le azioni e i pensieri a misurazioni concrete relative all’attività dell’organo che le produce, permettendo ai neurologi di individuare i meccanismi fisiologici che sono alla base di certe manifestazioni, quali aree del cervello, quali neurotrasmettitori vi sono coinvolti, eccetera.
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