L’arma o la panacea
Di strumenti in grado di causare sofferenze ai propri simili, gli esseri umani ne hanno inventati a profusione.
Gli antichi, bontà loro, erano limitati a procedure individuali. Potevano costringere un Socrate a bere la cicuta, bruciare sul rogo delle povere malcapitate, inventare diversi e fantasiosi modi di infliggere ustioni e lacerazioni per i colpevoli di questo o quel delitto. In qualche caso torture e uccisioni erano praticate per puro intrattenimento.
Con l’era moderna gli esseri umani sono diventati molto più efficienti mettendo a punto armi e strumenti di distruzione di massa. Fra questi la bomba atomica rappresenta tutt’oggi l’archetipo dello strumento di distruzione e autodistruzione ma alcuni di questi strumenti sono entrati nella storia e nella cronaca per essere stati usati anche contro civili inermi: Napalm, Agent Orange, gas nervino, uranio impoverito. Questi nomi, e le vicende ad essi collegate, sono entrati nell’immaginario collettivo e vanno a contribuire all’idea che il nemico può avere accesso a tecnologie terrorizzanti e letali. Niente di più indicato per creare un trasporto emotivo nella mente degli utenti a cui si vuole propinare un’efficace teoria del complotto.
Quindi in una sana teoria del complotto non può mancare la cosiddetta arma.
La parola è da prendere con significato non letterale, perché ai fini della teoria non è necessario che tale arma sia concreta o abbia degli effetti reali e documentati. E’ sufficiente che si tratti di una tecnologia nuova, poco conosciuta, con cui la gente abbia poca familiarità e su cui sia quindi possibile instillare dubbi e paure. Ai fini della narrazione, è sufficiente che sia percepita la minaccia. E quando la minaccia rischia di essere troppo frivola si può sempre individuare una categoria inerme verso cui indirizzarla, tipicamente i bambini, per far appello al protettivo istinto genitoriale.
Meno certezze ci sono attorno all’arma, meglio è. In questo caso si può instillare il dubbio che siamo già vittime inconsapevoli dei suoi effetti perché essi sono subdoli e nascosti. Pensati per agire in maniera indiretta e non destare l’allarme.
Quindi abbiamo: le microonde dei forni, il glutammato, lo zucchero (sic!), il 5G, i vaccini, i conservanti, i microchip, le radiazioni, gli OGM, il glifosato, le scie chimiche, il gender.
Come per il nemico, anche l’arma è caratterizzata dall’avere una faccia segreta, quella di cui nessuno parla (a discapito del fatto che ci siano innumerevoli pagine e articoli complottisti al riguardo), che ci fa male e ci viene tenuta nascosta affinché il nemico possa impunemente guadagnarci. Il segreto e il piacere della scoperta giocano un ruolo importante nel catturare l’attenzione dei complottisti.
Quando si ha a che fare con una sostanza o una tecnologia i cui effetti nocivi sono reali e ben documentati, è sufficiente rappresentare la documentazione ufficiale come una conferma della veridicità del complotto, magari ingigantendo gli aspetti negativi per maggiore effetto scenico.
Il duale dell’arma è la panacea. Generalmente una teoria ha una o l’altra. La panacea è quella sostanza che risolve e cura una quantità arbitrariamente grande di problemi. E’ spesso una sostanza di uso comune e di facile accessibilità e che ha delle proprietà miracolose che, tanto per cambiare, ci vengono tenute nascoste per favorire gli oscuri interessi del nemico.
La panacea va particolarmente di moda nelle teorie complottiste di argomento medico o nutrizionistico.
E quindi abbiamo: bicarbonato, somatostatina, plasma iperimmune, vitamina C, Avigan, urina, succo di limone, per citare i più famosi, cui si aggiungono una moltitudine di prodotti commerciali che si fanno trainare dalla generica narrazione del deterioramento delle abitudini alimentari moderne a cui solo il loro consumo può porre rimedio.
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