A dispetto del titolo, questo articolo NON tratta di politica!
Dato il periodo verso cui ci avviciniamo e dato il fatto che la legge elettorale in Italia è spesso oggetto di discussione, ho pensato che potesse essere interessante conoscere qualche curiosità matematica riguardante i metodi di ripartizione e rappresentazione della volontà popolare.
L’argomento ovviamente è vasto ed è stato affrontato da filosofi e politici fin dall’antichità. Recentemente sono gli studiosi di economia che hanno dato contributi importanti, affrontando i processi delle scelte sociali nella cornice più ampia della teoria dei giochi.
In questa sede cerchiamo di dare qualche accenno solo ad alcuni dei risultati più interessanti e storicamente rilevanti.
Maggioranza e Paradosso di Condorcet
Prima di considerare il sistema di votazione a maggioranza, citiamo, per completezza, anche il processo decisionale all’unanimità per cui si richiede che tutti gli elettori concordino sull’esito finale, o almeno lo faccia una percentuale molto alta di essi (unanimità relativa).
L’applicazione di questo criterio è estremamente limitata. In pratica può essere applicata solo in gruppi ristretti e situazioni particolari.
Nell’istituire un sistema elettorale ci piacerebbe individuare un modello di votazione tale che il risultato delle elezioni sia rappresentativo della volontà popolare. I ragionamenti fatti di seguito sono applicabili non solo alle elezioni dei rappresentanti in un parlamento, ma anche alle votazioni di una legge o un emendamento, o per le decisioni di una giuria in un processo e così via. Per fissare le idee faremo comunque riferimento ad un’ipotetica tornata elettorare in cui i cittadini sono chiamati ad esprimere delle preferenze fra due o più candidati.
Si assume che ogni elettore decida la sua preferenza fra più candidati facendo riferimento da una personale scala di valori che gli permette di ordinare le alternative possibili.
La legge elettorale rappresenta il meccanismo con cui i seggi vengono assegnati in parlamento in modo che rifletta la scala di preferenze dell’insieme dei votanti, o per lo meno che produca una ripartizione vicina alla scala del maggior numero possibile di elettori.
Consideriamo dapprima il caso semplice: 2 candidati cioè due sole scelte possibili. Il metodo di scelta è il voto a .
Se i candidati si chiamano Aldo e Bruno le preferenze dei singoli potranno essere solo A>B o B>A (trascuriamo il caso della parità che in una votazione popolare è fortemente improbabile e servirebbe solo ad appesantire il discorso) e il risultato della votazione non potrà che ricadere in una delle due possibilità.
Le cose si complicano sensibilmente se i candidati sono 3, diciamo Aldo, Bruno e Carlo. Vediamolo con una semplice simulazione.
Supponiamo che gli elettori siano solo 3 e chiamiamoli 1, 2 e 3.
Ciascuno di essi avrà una personale classifica di gradimento dei tre candidati, per esempio A>B>C per l’elettore 1. La scala di ciascun elettore è rappresentata dalla corrispondente colonna della tabella.
Mettiamo le tre classifiche in una tabella come segue:
1 | 2 | 3 |
---|---|---|
A | B | C |
B | C | B |
C | A | A |
Come possiamo vedere, esaminando le preferenze dei votanti, B>A per due volte su tre, C>A per due volte su tre e ancora B>C per due volte su tre.
Questo significa che esiste un ordinamento delle preferenze che mette d’accordo tutti e tre gli elettori: B>C>A. In questa gerarchia di preferenze il vincitore delle elezioni sarebbe Bruno il quale, nel peggiore dei casi risulterebbe il “meno sgradito“.
La catena delle preferenze, in questo caso, ha la proprietà di essere transitiva. Si può dire che se B è meglio di C e C e meglio di A allora B è ancora meglio di A.
Si tratta di un sistema di decisione particolarmente equo, ma anche particolarmente laborioso se i candidati sono tanti, in quanto è necessario considerare tute le possibili coppie di preferenze.
Esso è stato descritto ed esaminato approfonditamente nel 1785 dal Marchese di Condorcet il quale ne sottolineò da subito un difetto importante, definendo quello che oggi conosciamo come Paradosso di Condorcet.
Illustriamolo con un esempio legato al precedente.
Supponiamo che le preferenze dei tre elettori siano quelle dello schema che segue:
1 | 2 | 3 |
---|---|---|
A | B | C |
B | C | A |
C | A | B |
In questo caso vediamo che A>B due volte su tre, B>C due volte su tre e C>A due volte su tre.
Quindi se proviamo a mettere in ordine le preferenze abbiamo: A>B>C>A.
Si crea un ordinamento circolare per cui non è possibile individuare un vincitore!
La relazione di preferenza fra i candidati, nel caso paradossale, viene a perdere la transitività cui abbiamo accennato prima.
Il potere dell’agenda
Sono stati proposti vari metodi per aggirare il paradosso, ciascuno con le proprie limitazioni.
Si può pensare di spezzare la circolarità delle preferenze imponendo un’agenda di votazioni. In queso caso si può effettuare dapprima la scelta fra A e B e far gareggiare il vincitore contro C.
Dalla catena di disuguaglianze si vede che fra A e B vince B e questi perde contro C
A prima vista l’indecidibilità della situazione precedente sembrerebbe risolta. Ma a che prezzo?
Notiamo che se anzichè seguire l’ordine di votazioni riportato sopra facessimo A contro C, in questo caso vincerebbe C. E infine B contro C e vincerebbe B mentre in precedenza avevamo trovato come vincitore C.
Cioè l’esito delle votazioni viene manipolato dall’ordine con cui viene stilata l’agenda. Il vero vincitore sarebbe chi ha in mano la gestione dell’agenda!
Altre soluzioni sono riportate nel prossimo paragrafo.
La maggioranza in una votazione si distingue in:
- Assoluta: 50% + 1 degli aventi diritto
- Qualificata: 66,7% degli aventi diritto
- Relativa: maggior numero di voti
- Semplice: 50% + 1 dei votanti
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