Pesticidi nel piatto: la solanina
Cos’hanno in comune le due appetitose immagini raffigurate in questa pagina?
Caponata e patate arrosto sono due ricette deliziose realizzate con ingredienti comunissimi sulle nostre tavole: pomodori, peperoni, melanzane e patate. Ebbene, tutti questi ortaggi appartengono alla famiglia delle Solanacee genere Solanum.
La famiglia delle Solanacee è particolarmente numerosa; essa comprende piante erbacee o arbustacee dei paesi caldi e temperati, comprendente 1700 specie. Alcune di esse sono medicinali e velenose, tipo la belladonna, lo stramonio, il giusquiamo, il tabacco. Molte piante appartenenti a questa famiglia, in particolare, finiscono in un modo o nell’altro sulla nostra tavola e tante di queste piante presentano una caratteristica comune che anche gli ortaggi di cui sopra condividono: produrre sostanze velenose o, almeno in qualche misura, tossiche per gli animali.
La sostanza di cui parliamo in questo paragrafo è denominata Solanina.
Si tratta in particolare di un alcaloide glicosidico, cioè una sostanza facente parte di un gruppo, quello degli alcaloidi, caratterizzato dal comportamento tipico degli alcali che sono sostanze basiche. Il termine glicosidico indica che la parte propriamente alcaloide, detta solanidina, è associata ad uno zucchero, da cui si dissocia una volta introdotta nel nostro organismo. In tutte le piante della famiglia delle solanacee sono presenti degli alcaloidi. Per la patata quello maggiormente presente è la solanina ma essa è associata normalmente ad una certa percentuale di Tomatina, che invece è più caratteristica dei pomodori, da cui il nome, più altre sostanze affini tipiche di altre solanacee.
Per questo motivo si può trovare la denominazione TGA che sta per Total Glycoalkaloids (Glicoalcaloidi totali).
La solanina è presente in ogni parte della pianta in quanto costituisce la sua difesa contro funghi e insetti, motivo per cui il titolo di questo paragrafo fa riferimento ai pesticidi!
Essa è tossica anche in modeste quantità. Come gli altri glicolacaloidi presenti nelle solanacee, anche la solanina è un inibitore della colinesterasi, un enzima responsabile della trasmissione nervosa e neuromuscolare. I sintomi dell’avvelenamento sono innanzitutto disordini gastrointestinali e neurologici, come nausea, diarrea, vomito, crampi allo stomaco, bruciore alla gola, mal di testa e vertigini. La sua ingestione provoca raramente la morte ma può causare delle emorragie.
La solanina è scarsamente solubile in acqua e viene degradata solo a temperature superiori ai 243°C; la cottura a 170°C (come nel caso della frittura) può ridurne la quantità, ma non la elimina completamente.
Gli effetti sopra elencati si verificano per dosi da 2-3mg per kg di peso corporeo (cioè circa 210 mg totali per una persona di 70 kg) mentre se si arriva a 6mg per kg di peso corporeo la dose è potenzialmente mortale (420mg totali per la persona di 70kg). Buona parte della solanina ingerita viene eliminata nel giro di 24 ore, dunque le dosi tossiche sono da intendersi “al giorno”.
Dopo aver illustrato in maniera un po’ terroristica gli effetti di questi glicoalcaloidi torniamo alle nostre patate e cerchiamo di mettere in prospettiva il reale rischio di avvelenamento da solanina.
La solanina è presente nella patata a basse dosi (meno di 10mg per 100 g) ed è concentrata soprattutto nella buccia. Per le patate, il contenuto massimo accettabile di solanina è stato stimato in 25mg per 100g. Le qualità coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini sono poco ricche di solanine, in media 75mg per kg di patate sane (non verdi nè germogliate, infatti la solanina aumenta con l’esposizione alla luce e in fase di germinazione), dunque la dose tossica si raggiunge con circa 3kg di patate in un solo giorno, quella potenzialmente letale con 6kg.
Patate verdi e germogliate possono avere da 200 a 1000mg per kg di solanine, dunque la dose tossica si abbassa sotto al kg o meno, ma a quel punto la patata diventa amara e dal retrogusto piccante e metallico, praticamente immangiabile.
Alla dose di 2mg/Kg di peso corporeo la solanina produce disturbi neurologici, nausea, vomito, depressione cardiovascolare e respiratoria, e nei casi più gravi coma e morte.
Inoltre la solanina si concentra subito sotto la buccia perchè costituisce la difesa della pianta agli agenti esterni, ed è qui che troviamo fino all’80% del contenuto totale, dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio.
La bollitura in acqua ne diluisce un po’ la concentrazione (ma molto poco e per diluizione, non per la temperatura in quanto la solanina come già detto degrada solo oltre i 240 gradi).
Con queste premesse troviamo che la dose tossica per patate sane sbucciate generosamente sale a più di 10kg in un giorno, quella potenzialmente letale molto oltre i 20kg, dosi impossibili anche per i più voraci.
Ancora una volta uno scampato pericolo! Anche se in questo caso è consigliabile mangiare patate giovani e in buono stato di conservazione, per scongiurare il pericolo di un fastidioso mal di pancia.
11 Settembre 2019 at 20:38
Molto interessante.
Grazie