Preludio alla genetica

Che gli esseri viventi fossero soggetti a un qualche tipo di evoluzione era chiaro e documentato già ai tempi di Darwin.
Il dibattito fra Darwin e Lamarck cui abbiamo accennato in questo articolo risale ai primi dell’800 e nel 1866 Gregor Mendel (nell’immagine) pubblicò il suo Esperimenti sull’ibridazione delle piante in cui mostrò chiaramente che le caratteristiche fisiche degli esseri viventi, nel suo caso la pianta di pisello (Pisum sativum), passano da una generazione all’altra in modo abbastanza predicibile.
Pochi anni dopo, nel 1869, il biochimico svizzero Friedrich Miescher a seguito dei suoi studi sui nuclei dei leucociti estratti dal pus presente sulle garze da medicazione provenienti da pazienti operati nel vicino ospedale di Tübingen, isolò una sostanza acida contenente azoto e fosforo che chiamò “nucleina“.
All’epoca di Miescher era noto che le cellule contenessero un nucleo in quanto esso era ben visibile al microscopio, ma non era ancora chiaro che funzione avesse. Egli dimostrò che questa sostanza misteriosa fosse presente non solo nei nuclei dei leucociti, ma in quelli di tutte le cellule e che la quantità di nucleina aumentava quando le cellule andavano incontro a divisione.
Nonostante questo fatto suggerisse che la nucleina si duplicasse insieme alle cellule per passare alle cellule figlie e benché il fatto che gli spermatozoi ne fossero particolarmente ricchi, quindi essa fosse cruciale nei processi di fecondazione, Miescher non arrivò ad ipotizzare che essa fosse coinvolta nella trasmissione dei caratteri ereditari. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che, all’analisi chimica che Miescher poteva effettuare ai suoi tempi, la nucleina estratta da cellule molto diverse e da animali diversi, appariva indistinguibile dal punto di vista della composizione. Quindi non poteva essere la nucleina a trasportare una quantità di informazione così elevata come quella necessaria a differenziare gli organismi gli uni dagli altri.
Dopo Miescher, però, vari indizi sul fatto che fosse realmente la nucleina ad essere responsabile dell’ereditarietà si accumularono grazie a studi fatti soprattutto su batteri, ma si dovette aspettare i primi decenni del ‘900, e l’invenzione della diffrazione a raggi X, per svelare definitivamente la sua composizione e la sua struttura.
I nomi legati alla scoperta di quello che oggi prende il nome di DNA (Acido Desossiribo-Nucleico) sono ben noti ed insigniti del premio Nobel per la medicina nel 1962, James Watson e Francis Crick a cui, secondo molti, sarebbe da affiancare quello di Rosalind Franklin che morì di tumore causato delle elevate dosi di raggi X a cui si era sottoposta durante i suoi esperimenti. Li vediamo di seguito rappresentati nello stesso ordine.

Grazie al lavoro di questi scienziati, oggi sappiamo che in ogni cellula del nostro corpo c’è un filamento di DNA somigliante ad una scala attorcigliata ad elica i cui montanti sono costituiti da molecole di uno zucchero, il desossiribosio, legate fra loro da un gruppo fosfato, e i gradini sono costituiti da due possibili accoppiate di quattro molecole azotate: l’Adenina con la Timina e la Citosina con la Guanina legate fra loro da un ponte a idrogeno.

Lungo ogni ramo dell’elica quindi si succedono sequenze di adenina, citosina, timina o guanina a gruppi di tre in modo tale da generare 43=64 combinazioni possibili che a loro volta codificano i 20 amminoacidi che sono alla base della sintesi proteica.

Oggi quindi abbiamo finalmente capito come decifrare i caratteri con cui è scritto questo enorme manuale di istruzioni che chiamiamo Codice Genetico, ma la strada per interpretarlo è ancora lunga.