Il Toki Pona

Se il Silbo costringe il parlante a far uso di un numero limitato di fonemi, altrettanto estremo è il limite che pone un linguaggio artificiale inventato nel 2001 dalla linguista canadese Sonja Lang: il Toki Pona.
Nato in un momento di depressione e ispirato al mondo di Tolkien e alla filosofia taosista, il Toki Pona ha come scopo quello di spingere il parlante a semplificare i suoi processi mentali concentrandosi sui concetti più elementari e basilari. Per far ciò adotta un approccio minimalista e riduce al minimo indispensabile, non solo grammatica e sintassi, ma anche l’intero vocabolario, che viene condensato in poco più di 120 parole!
Ma vediamo un po’ nel dettaglio a cosa somiglia questo Toki Pona.

Da un punto di vista fonetico, la Lang ha operato un bel po’ di semplificazione.
Le vocali sono solo cinque (/a, e, i, o, u/) e le consonanti solo nove (/k, l, m, n, p, s, t, w, j/) comprendendo quindi dei suoni che sono facilmente riconducibili a qualcosa di familiare nella maggior parte delle lingue del mondo.
La struttura delle sillabe inoltre è strettamente del tipo CV (Consonante-Vocale), quindi senza dittonghi o consonanti giustapposte. Fa eccezione solo il suono nasale /n/ che si può trovare in finale di sillaba.
Il vocabolario, come già detto è limitato a 124 parole la cui lista si può trovare in questa pagina e la struttura della frase è di tipo SVO (Soggetto-Verbo-Oggetto).
Non ci sono declinazioni, coniugazioni, modi, tempi, casi, desinenze, numero o genere e le parole possono essere utilizzate indifferentemente come nome, verbo o aggettivo, in funzione del contesto e della loro posizione nella frase.
Per aiutare un minimo la comprensione, ci sono alcune particelle, come li oppure e, che servono a marcare la funzione di soggetto o oggetto della parola.
Ciononostante una frase in Toki Pona mantiene generalmente un certo grado di indeterminatezza. Che in un certo senso è proprio lo scopo del linguaggio, cioè forzare i parlanti ad affidarsi al contesto e cercare di capire i concetti fondamentali e l’intenzione che c’è dietro la formulazione della frase, senza essere fuorviati da dettagli superflui.

E se uno volesse dire qualcosa che non è prevista dalle 120 parole fondamentali? Beh, qui bisogna essere creativi!
Vediamo un’espressione in Toki Pona con la corrispondete traduzione parola per parola in italiano, presa dal canale Youtube di Langfocus.

La frase che italiano corretto e corrente sarebbe: “Forse il bambino piange perché ha sete” in Toki Pona diventerebbe “Ken la jan lili li pana e telo oko tan ni: ona li wile moku e telo”.

Analizziamola parola per parola:

Ken la jan lili li pana e telo oko tan ni: ona li wile moku e telo
Forse bambino (soggetto) piange perché egli (soggetto) assetato

in cui notiamo che, oltre ai più semplici “jan lili = piccola persona” oppure “tan ni = da questo”, abbiamo alcune interessanti perifrasi necessarie per costruire parole inesistenti nel vocabolario originale come:

piange
pana e telo oko
emettere (oggetto) liquido occhio

oppure

assetato
wile moku e telo
volere assumere/consumare→bere (oggetto) liquido

Oltre i giri di parole, rimane l’indeterminatezza sul significato di “telo” che significa “liquido” in generale, e, per esempio, in questo contesto potrebbe significare tanto acqua che latte. Da un altro punto di vista però, viene raggiunto lo scopo di trasmettere l’informazione essenziale di “essere assetato” per il quale sapere la natura del liquido è semplicemente superflua.

Il Toki Pona è un esperimento interessante che si è ritagliato un suo spazio fra gli appassionati. Per i non addetti ai lavori possiamo dire che ci insegna almeno una cosa: se i linguaggi naturali hanno sintassi e grammatiche complesse e lessici fatti di migliaia di parole, in fondo, ci sono degli ottimi motivi!