Espandere la matrice

Torniamo ancora una volta a parlare di occhi e visione. D’altronde la vista è il senso dominante per la nostra specie, quindi è naturale dedicargli un’attenzione speciale.
Come sappiamo la visione nell’uomo è in tricromia; cioè il nostro occhio è in grado di percepire tre colori fondamentali, il rosso, il verde e il blu, associati a tre specifiche frequenze luminose, e dalla composizione di queste tre sensazioni fondamentali generare i milioni di colori che possiamo complessivamente vedere.
Non è così per tutti. Ovviamente esiste la malattia di Dalton in cui la concentrazione dei coni, le cellule sensibili ai colori presenti nella retina, non è ottimale risultando in una alterazione della sensibilità ai colori. Ma quello che ci interessa in questa sede è il caso opposto: la capacità di vedere più colori del normale!
I tre colori fondamentali sono legati a tre particolari proteine, presenti nei sopracitati coni, che modificano la propria struttura chimica quando sono investiti da una particolare frequenza luminosa. Nei coni questa alterazione chimica genera una reazione metabolica che termina con un segnale luminoso che arriva al cervello.
Si dà il caso che una di queste proteine, quella sensibile al blu, sia codificata nel cromosoma X, lo stesso che concorre a determinare il sesso della persona, e che di questo gene ne esistano due alleli differenti che codificano una proteina sensibile leggermente differente.
Come conseguenza, ci sono alcune donne (circa il 12% della popolazione), che hanno ereditato due copie diverse di questo gene e possono esprimere entrambe le varianti della proteina sensibile. Queste donne dovrebbero quindi avere una maggiore risoluzione nelle sfumature di blu, anche se gli studi fatti finora dimostrano che la differenza fra le due proteine spesso è minima e ci vogliono condizioni di test molto accurate per far emergere questa sensibilità extra.
Un esempio dei risultati cui può portare questa sensibilità aumentata lo possiamo vedere nelle opere di Concetta Antico, anche se pochi come lei possono apprezzarne le opere in tutta la loro quadricromaticità!
Per inciso, se nel software la massima sensibilità sui tre colori fondamentali permette di codificare 16 milioni di colori, utilizzando lo stesso metodo di codifica per queste persone, dovremmo codificarne 4 miliardi e 228 milioni!

Ma se quanto descritto sopra riguarda l’effetto casuale della ricombinazione dei cromosomi, c’è chi sta pensando di andare oltre.
Una situazione simile a quella descritta si verifica nelle scimmie saimiri o scimmie scoiattolo originarie dell’america equatoriale, in cui solo le femmine hanno una visione tricromica come gli umani, mentre i maschi sono spesso daltonici.
Nel 2009 è stato pubblicato un articolo su Nature in cui un gruppo di ricercatori illustravano come fossero riusciti a curare il daltonismo in due esemplari di questa specie iniettando, attraverso l’uso di un vettore virale, nella loro retina i geni per le proteine mancanti.
Oggi c’è chi pensa di utilizzare lo stesso sistema, non solo per curare la stessa patologia, ma anche per dare agli esseri umani una visione “estesa” nell’ultravioletto utilizzando i geni di alcuni uccelli ne sono sensibili.
Si tratterebbe, per utilizzare il concetto visto precedentemente, di una espansione dell’Umwelt!

Abbandonando il mondo della luce per entrare in quello del suono, scopriamo che la capacità di usare l’ecolocalizzazione per muoversi nell’ambiente non è un esclusiva dei già citati chirotteri e dei personaggi dei fumetti come Daredevil raffigurato qui a fianco, ma anche le persone normali possono educare il proprio senso dell’udito per raggiungere risultati sorprendenti.
E’ il caso di Daniel Kish il quale avendo perso gli occhi nella prima infanzia, ha sviluppato una straordinaria capacità di navigare l’ambiente emettendo dei click con la lingua e costruendone un immagine mentale così accurata da permettergli persino di andare in bicicletta, come si può vedere in questo video .
C’è da dire che la capacità di Kish non è un caso isolato. Forse non con lo stesso livello di accuratezza, altri non vedenti in giro per il mondo sono pervenuti alla stessa soluzione per sopperire alla mancanza della vista e lo stesso Kish ha istituito una scuola per insegnare la sua tecnica di ecolocalizzazione.

Sempre per rimanere nel campo della sostituzione sensoriale, un’altra soluzione per sopperire alla mancanza della vista può essere quella di ricorrere alla tecnologia.
Nell’immagine a fianco vediamo un dispositivo che prende le informazioni visive tramite una videocamera e le traduce in pattern elettrici su una membrana che viene posta a contatto della lingua.
Ovviamente la visione “tattile” che se ne ricava non è accurata come quella della visione propriamente detta, ma ciò che i neurologi hanno imparato in questi esperimenti di sostituzione sensoriale, e questa è la vera scoperta, è che il cervello è così bravo a interpretare segnali e costruire modelli di realtà a partire dagli stimoli che gli arrivano, che, dopo un certo addestramento, i soggetti che fanno uso di dispositivi di questo genere hanno la sensazione di “vedere” con la lingua.
Cioè il cervello associa direttamente il proprio modello mentale del mondo esterno con le percezioni che riceve, indipendentemente dall’organo attraverso cui gli arrivano.

Il neurologo David Eagleman sta addirittura studiando un modo per aumentare l’Umwelt umano con dei sensi aggiuntivi come visibile nell’immagine sotto.
In questo caso si tratta di un gilè elettronico che trasforma in sensazioni tattili una informazione qualsiasi che è programmato per tradurre. Potrebbe trattarsi del suono di un microfono per aiutare un non udente, o il testo di un SMS, o delle quotazioni della borsa o delle previsioni del tempo. Il soggetto addestrato all’uso del gilè avrebbe una percezione immediata di queste informazioni, o di qualunque altra informazione in cui potrebbe essere interessato, con la stessa naturalezza con cui uno potrebbe riconoscere un volto conosciuto in mezzo ad una folla o il suono di uno strumento in un’orchestra!

In fondo, per il nostro organo gelatinoso sospeso nell’oscurità della scatola cranica, che si tratti di segnali provenienti dal nervo ottico o da qualunque altra terminazione nervosa, per lui si tratta sempre e soltanto di segnali elettrici da interpretare… come in Matrix!