Nella seconda metà dell’Ottocento, il filosofo tedesco Wilhelm Wundt coniò l’espressione eterogenesi dei fini per riferirsi ad un fenomeno che era già stato descritto in passato per la prima volta da Giambattista Vico e che può essere riformulato in termini meno ampollosi come «conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali».

Le discipline di riferimento, per gli autori citati, erano la psicologia e le scienze sociali, ma il concetto è sicuramente più ampio, in quanto una ridotta conoscenza delle variabili in gioco può portare qualunque soggetto ad agire prevedendo esiti che vengono successivamente disattesi dall’evoluzione oggettiva del sistema, una volta che le azioni siano state effettivamente messe in atto.

Questo è particolarmente vero in ecologia, dove l’interazione di innumerevoli individui e variabili ambientali è estremamente difficile non solo da prevedere, ma anche solo da conoscere in maniera sufficientemente dettagliata.

Nel 1936 il sociologo statunitense Robert K. Merton rese popolare questo concetto chiamandolo “Legge delle conseguenze inattese” e fornendone cinque possibili cause:

  • ignoranza, la quale, rendendo impossibile anticipare tutto, conduce ad analisi incomplete;
  • errori nell’analisi del problema o abitudine a seguire comportamenti che hanno funzionato in passato senza garanzia che funzionerebbero anche nel caso corrente;
  • interessi immediati che scavalcano interessi a lungo termine;
  • valori di base che possono richiedere o impedire certe azioni anche prevedendo che le conseguenze porterebbero al loro stesso peggioramento;
  • profezie autolesioniste, cioè azioni intraprese per risolvere un problema ipotetico che poi non si verifica.

Ad onor del vero, non è detto che le conseguenze inattese e impreviste siano necessariamente sfavorevoli. Per rimanere in ambito ecologico, per esempio, ci sono casi in cui i relitti delle navi da guerra hanno fornito il substrato per la formazione di barriere coralline artificiali laddove quelle naturali erano in via di dissoluzione a causa dell’inquinamento.

Ma i casi sfavorevoli purtroppo tendono a innescare circoli viziosi che li rendono molto più temibili.
Nel seguito vediamo alcuni esempi particolarmente eclatanti, e si spera didattici, in cui non solo le conseguenze delle azioni si sono rivelate disastrose, ma anche le azioni intraprese a rimedio hanno spesso peggiorato la situazione.

La Campagna di Eliminazione dei Quattro Flagelli

La Campagna di Eliminazione dei Quattro Flagelli (in cinese 除四害运动 chúsìhàiyùndòng) fu un’iniziativa lanciata da Mao Zedong nell’ambito del suo piano per la crescita economica cinese dal 1958 al 1962. I quattro flagelli da eliminare erano i ratti, le mosche, le zanzare e i passeri, questi ultimi in particolare ritenuti responsabili per la perdita di grandi porzioni dei raccolti di riso e cereali.
Le conseguenze furono devastanti e portarono ad un uso massiccio di DDT accompagnato da un aumento della proliferazione dei ratti in quanto la popolazione prese ad allevarli per riscuotere il compenso governativo riconosciuto a chi ne consegnasse i corpi.
Anche contro gli uccelli fu mobilitata la popolazione e lo sterminio fu portato avanti in maniera così efficace che, quando nel ’62 le autorità si resero conto del loro ruolo determinante nel controllo degli insetti nocivi, ormai la Cina era nel pieno di quella che sarà chiamata la Grande Carestia.
In definitiva l’esisto della Campagna di Eliminazione portò alla morte fra i 15 e i 55 milioni di persone!