In un’isola lontana lontana…

Il caso di cui ci occupiamo in quest’ultimo paragrafo si svolge in un posto sperduto fra la Nuova Zelanda e l’Antartide nel sud del Pacifico, in un isoletta lunga poco più di 30km e larga 5: l’isola Macquarie.

L’isola, oggi dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, venne scoperta nel 1810 da Frederick Hasselborough e deve il suo nome a Lachlan Macquarie, governatore del Nuovo Galles del Sud fra il 1810 e il 1821.
Hasselborough era alla ricerca di nuovi territori da sfruttare per la caccia alle foche e l’isola si rivelò una vera risorsa. Quando foche ed elefanti marini cominciarono a scarseggiare fu il turno dei pinguini ad essere cacciati e quando l’isola divenne ufficialmente una riserva naturale, nel 1933, i cacciatori andarono via lasciandosi dietro un disastro ambientale che ha del grottesco.
Ma andiamo con ordine.

Come spesso accadeva, sulle navi i marinai avevano spesso dei compagni di viaggio sgraditi ma inevitabili, topi e ratti. Quindi oltre ai cacciatori, sull’isola Macquaire, arrivarono anche queste specie aliene di roditori che l’ecosistema non aveva mai visto prima.
Ovviamente i roditori non vi trovarono nessun predatore che potesse contrastarne la diffusione e quindi questi divennero la prima specie alloctona ad invadere l’isola.
Ma non fu l’ultima.

I marinai ovviamente erano ben attrezzati per tenere a bada la popolazione dei ratti sulle navi e per questo motivo viaggiavano sempre in compagnia di qualche gatto. I gatti-marinai si adattarono ben volentieri alla nuova casa sulla terraferma, così abbondante di prede, tanto che la popolazione dei ratti venne effettivamente messa sotto controllo da quella dei felini.
Purtroppo i gatti, da buoni predatori quali sono, non disdegnarono di cacciare anche gli uccelli marini i quali, dopo foche, leoni marini e pinguini, si aggiunsero alla lista delle specie autoctone sulla strada dell’estinzione.

Verso la fine dell’Ottocento però, gli esseri umani introdussero un’ulteriore specie alloctona da usare come cibo: i conigli.
Una volta che i conigli ebbero la possibilità di diffondersi nell’ambiente, ebbero anch’essi l’opportunità di riprodursi liberamente come avevano fatto topi e ratti prima di loro.
Negli anni ’60 i danni al suolo, alla vegetazione e alla micro fauna di invertebrati apportati dai conigli erano diventati ingenti e il conseguente aumento della popolazione di gatti causava ulteriore danno agli di uccelli marini portando anche all’estinzione della popolazione locale di parrocchetti.

Si pensò che i gatti non fossero sufficienti a contenere l’efficienza riproduttiva dei conigli, quindi perché non introdurre un’ulteriore specie alloctona per rimediare? Fu così che sull’isola furono introdotti gli ermellini!
Neanche a dirlo, da buoni predatori, gli ermellini non si limitarono a cacciare i conigli quando anche gli uccelli acquatici, e le loro uova, rappresentavano un boccone prelibato.

La soluzione individuata, verso la fine degli anni ’70, fu quella di rilasciare nell’ambiente un virus, il Myxoma virus, che colpisce in maniera letale esclusivamente i conigli.
Cosa sarebbe potuto mai andar storto…?!

Attraverso l’introduzione dell’ennesima specie alloctona, una specie di mosche in grado di trasmettere il virus ai conigli, si riuscì a diffondere la malattia, e questo portò, come sperato, ad un crollo nel numero dei conigli. L’operazione sembrò un successo, e in fatti il governo della Tasmania pensò che fosse arrivato il momento di occuparsi della popolazione felina per risolvere definitivamente la questione.

Attraverso incentivi alla caccia e l’uso di trappole e cani, finalmente nel 1997 fu catturato l’ultimo gatto selvatico… e fu così che i conigli superstiti al virus, selezionati per esservi immuni, poterono proliferare liberamente come mai prima d’allora!

Finalmente il governo della Tasmania, giunto alla conclusione che per restaurare l’equilibrio ecologico dell’isola fosse necessario eliminare TUTTE le specie invasive contemporaneamente, varò nel 2010 un piano che, non senza qualche scossone iniziale come il veleno di alcune esche per mammiferi che provocava la morte anche della fauna locale, finalmente nel 2014 è riuscito a rimettere l’ecosistema sul giusto binario.