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Un mondo di plastica…

Il ciclo della plastica

Un argomento molto sentito oggigiorno, in un’epoca di spiccata sensibilità ambientalistica, è quello della raccolta differenziata e del riciclaggio delle materie plastiche.
Pur essendo formata dagli elementi fondamentali di tutte le molecole organiche, carbonio, idrogeno e ossigeno, la plastica, a causa del processo di polimerizzazione, risulta composta da molecole troppo grosse per essere digerite dai batteri presenti nell’ambiente.
Il risultato è che la dispersione nell’ambiente di oggetti plastici comporta dei seri problemi di inquinamento e accumulo di rifiuti.

Un modo per arginare il flusso di rifiuti plastici verso l’ambiente consiste nel riciclarne almeno una parte verso altri usi rispetto alla destinazione originale.

Non dimentichiamo che il riciclaggio della plastica non deve essere un incentivo a farne un uso sconsiderato. Soprattutto non disperdiamo la plastica nell’ambiente, come ci ammonisce l’apposito simbolo, qui riprodotto, presente sulle confezioni. Un materiale riciclato è in fin dei conti un materiale prezioso in cui al costo della materia prima, che è stato pagato all’epoca della sua creazione, si aggiunge dapprima il costo della sua prima trasformazione in prodotto finito e poi il costo della sua raccolta e ri-trasformazione in prodotto riciclato.

In un certo senso un manufatto prodotto con materiale riciclato è più pregiato dell’originale!

I materiali plastici che si prestano ad essere riciclati sono essenzialmente i termoplastici. Come abbiamo visto, tali sostanze sono formate da lunghe catene di polimero che sono legate fra loro da legami chimici deboli. Si tratta di legami che si indeboliscono ancora di più ad alta temperatura, tanto che la plastica passa in uno stato liquido che le permette di essere formata e ri-formata più volte.

Dopo una fase di raccolta e cernita una plastica di questo genere può quindi essere rifusa e riutilizzata.

Notiamo però che il processo di riscaldamento ripetuto, siccome fornisce energia alle catene polimeriche, può provocarne la rottura e il ricombinamento. Una massa originaria di polimero costituito da lunghe catene lineari tende a trasformarsi in una massa fatta da corte catene ramificate.

Il risultato è un generale degrado delle proprietà della materia che ora chiameremo “secondaria”. Quindi tutto ciò che si ricicla viene generalmente trasformato in qualcosa di livello inferiore rispetto all’originale.

I polimeri termoindurenti non sono adatti ad essere riciclati in quanto le catene polimeriche sono legate fra loro da legami chimici forti e, fornendo calore per spezzare questi legami, si finisce per carbonizzare l’intera massa,

Esistono anche dei metodi chimici che in alcuni casi possono riportare i polimeri allo stato di monomeri, ma risultano poco vantaggiosi. In generale la plastica che, per un motivo o per l’altro, non può essere riciclata, può sempre essere usata come combustibile alternativo, avendo un potere calorifico analogo a quello del carbone.

Sulle confezioni fatte con materiale riciclabile è oggi possibile vedere alcuni simboli che ci aiutano a capire di cosa è composto l’oggetto e, possibilmente, darci indicazioni sul modo migliore per differenziarne la raccolta. Quello riportato qui sulla destra è il simbolo internazionale che identifica i materiali riciclabili, dal legno, all’alluminio alla carta, alla plastica.
Invece il simbolo riportato a sinistra indica che il produttore aderisce ad un consorzio per lo smaltimento dell’imballaggio. In Italia, per quanto riguarda la plastica, abbiamo il Corepla, Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica.
I contenitori di materiale riciclabile riportano oggi dei simboli riconosciuti a livello internazionale, che ci indicano di che cosa è fatto l’oggetto.
Avendo letto l’articolo fin qui, saprete ormai identificare il tipo di polimero dalla sua sigla. Il numero 07 indica un materiale non riciclabile.

Tutte le sostanze viste finora hanno una grande utilità, ma quando il tempo del loro utilizzo raggiunge il termine, a meno che non vengano riciclate e quindi in qualche modo ne venga prolungata la vita utile, diventano un peso per l’ambiente.
Infatti questi polimeri sintetici non trovano in natura dei microorganismi in grado di metabolizzarli e ristituire all’ambiente le sostanze che li compongono.
Questo problema oggigiorno è molto sentito e si stanno diffondendo materiali nuovi che, pur conservando le caratteristiche meccaniche delle plastiche di cui abbiam parlato, siano anche attaccabili dai batteri e decomposti come accade per le sostanze organiche più semplici.
Questi materiali sono accomunati dalla generica denominazioni di bioplastica e ne parliamo nell’apposito articolo: …e un futuro di (bio)plastica

3 commenti

    • SteP

      19 Dicembre 2012 at 17:22

      Ciao Danilo,
      benvenuto su InSight. Ti farà piacere sapere che il tuo è il primo commento in assoluto di questo blog!
      Spero di rileggerti presto.

      Stefano

  1. Come sempre più unico che raro

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